A
Salvador
Allende 100 años!
Un regalo para
el Presidente: Juan de Marchi maestro del “chico” Salvador
Allende
di Sebastiano
Gernone.
Edizione aggiornata
Agli anarchici
Michele Pantaleo, Agostino Raimo e Aurelio
Chessa.
“En
verdad, tuve influencia en mi formación de un viejo zapatero
anarquista que vivía frente a mi casa, cuando yo era
estudiante secundario. Además me enseñó a jugar ajedrez.
Cuando terminaba mis clases, atravesaba la calle e iba a
conversar con él. Pero como era un hombre brillante, no sólo
me planteaba sus puntos de vista sino que me aconsejó que
leyera algunas cosas. Y empecé a hacerlo.
”
Salvador Allende
La ricorrenza
dell'11 settembre - data funesta per la storia del Cile e
degli Usa - ci ha permesso di vedere alcuni film focalizzati
sul tristissimo epilogo del governo democratico del presidente
cileno Salvador Allende. Già il regista Constantin
Costa-Gravas con il suo lavoro “Missing” era riuscito a
ricostruire con una veritiera fiction la storia della fine
della democrazia in Cile negli anni ‘70 e a descrivere in
immagini l'avvento della dittatura militare guidata dal
golpista generale Pinochet, evidenziando tutte le complicità
internazionali della CIA e del governo Usa che determinarono
il barbaro bombardamento del Palacio de la Moneda , sede
istituzionale presidenziale, con la soppressione delle regole
del diritto civile e l'inizio delle persecuzioni, gli
stermini, le torture, i desaparecidos cilenos, l'annullamento
fisico e intellettuale di chi si opponeva agli interessi
internazionali e dei gruppi dominanti nel
Cile.
Tra le visioni
cinematografiche cui si è assistito negli ultimi tempi
segnaliamo il breve cortometraggio riguardo all'11 settembre
del regista inglese Ken Loach, intellettuale la cui maestria
si accompagna allo sdegno e al coraggio nel denunciare le
ingiustizie del mondo; inoltre, quello di Andrès Wood dal
titolo “Machuca”; in esso l'angolo visuale di quei giorni
tristissimi per il Cile, l'America Latina e tutti i
democratici, è quello di due ragazzi d'estrazione sociale
opposta, il ricco Gonzalo e il poverissimo Machuca, due
adolescenti segnati dalla paritaria politica culturale
democratica di Allende, con la piena solidarietà degli uomini
di buona volontà. Il tempo di Allende affianca i due ragazzi
negli stessi banchi di scuola per soli ricchi - nei governi
precedenti - in un istituto scolastico diretto da uno dei
tanti preti coraggiosi che, con spirito evangelico, riescono –
nonostante la dura opposizione della minoranza borghese e
latifondista cilena – a far convivere ragazzi di educazione ed
estrazione sociale diversissima: è questa una particolarità
tipica del Centro e Sud America, ove succede, invero, che a
poche centinaia di metri di distanza ci siano catapecchie in
lamiera dove vivono migliaia di famiglie abbruttite dalla
miseria, e lussuosi appartamenti della borghesia che pur
sfruttandoli li disprezzano.
Ultimo di cui
siamo stati spettatori, l'emozionante film documentario
Salvador Allende del regista Patricio Guzman, in cui si è
ricostruita la memoria del Presidente del Cile e della gente
povera del suo popolo, privati illegalmente di diritti,
destini e anni di vita dignitosa.
Questo prologo
è utile per ambientare culturalmente l'argomento di questa
nostra nota dedicata a Juan De Marchi, anarchico di origine
italiana, amico e maestro influente dell'adolescente Salvador
Allende a lui affezionato, in tal fiducia da visitarlo
quotidianamente appena finite le lezioni del liceo pubblico
“Eduardo de la Barra ” (a Valparaiso dal 1922 al 1925), e
“atravesaba la calle e iba a conversar con el” ricordava
Allende.
Juan De Marchi
è un personaggio fondamentale nella formazione e educazione di
Salvador Allende.
Il regista
Patricio Gutzman indaga - tra i vecchi compagni di Allende
Gossens, futuro presidente cileno - su Juan Demarchi,
calzolaio anarchico di origine italiana. L'artigiano italiano
iniziò Allende al pensiero libertario con lunghe
conversazioni, e passandogli libri di Kropotkin, Bakunin,
Malatesta e Paul Lafargue - il genero di Marx che,
contrariamente all'illustre parente, difendeva la liberazione
dal lavoro con l'ozio.
Gli anarchici
europei e soprattutto gli italiani, furono attivi e presenti
in discreto numero per alcuni decenni, soprattutto in Brasile
e in Argentina: “Vi avevano portato anche i canti di lotta
anarchici e socialisti che Allende imparò a cantare
accompagnandosi con la chitarra. Il compositore e cantante di
tango argentino Carlos Gardel, cantava:
«Declaran la huelga, hay
hambre en las casas:
es mucho el trabajo y poco el
jornal.
Y en un
entrevero de lucha sangrienta
Se burla de un
hombre la ley patronal»
(Dichiarano lo
sciopero, c'è fame nelle case: / è troppo il lavoro e poco il
salario / E in uno scontro di lotta insanguinata / Si burla
degli uomini la legge padronale.” (1)
Negli
anni giovanili di formazione politica Allende aggiunse le
letture e lo studio dei testi del comunista cileno Recabarren,
di Francisco Bilbao, del socialista spagnolo Pablo Iglesias e
altri. (2) “Salvador un leninista? Con me parlava solo della
Rivoluzione francese. Idee come “Partito unico” o “Dittatura
del proletariato” gli erano estranee” dichiara al regista
cileno Sergio Vuskovic, ex sindaco di Valparaiso, la città in
cui Allende era nato nel 1908. Ancora ricorda Guzmàn che
“aveva l'aspetto rassicurante del vecchio parlamentare, lo
stile dell'uomo politico liberale dell'Ottocento, sempre
elegante ma sobrio, allergico a qualsiasi forma di stravaganza
e protagonismo. Diversissimo, in questo dall'amico Fidel
Castro”.
Alle note
biografiche del Presidente del Cile (1908 -1973) e capo di
Unidad Popular che riportiamo, - grazie alle ricerche di
Patricia Verdugo, di Carlos Jorquera e alle memorie dello
stesso Allende - dobbiamo altri ricordi che confermano la
figura e l'importanza di Juan De Marchi:
“Per il tipo di
lavoro che faceva il padre (di Allende, era avvocato e a
Valaparaiso notaio, ndr) la sua infanzia si trasformò in un
vagabondare per il Cile. Tacna (allora ancora Cilena), la
stessa Inique, Santiago, Valdivia e di nuovo a Valparaiso nel
1921 per cominciare il liceo. Fu lì che entrò nella sua vita
un vecchio calzolaio anarchico, di origine italiana, Juan
Demarchi, che influì sulla sua formazione ideologica.
‘M'insegnava a giocare a scacchi, mi prestava libri. I suoi
giudizi erano importanti perché non ero abituato a letture
impegnate e lui mi appianava i problemi con la semplicità e la
chiarezza degli operai che hanno capito come stanno le cose',
raccontò in seguito Salvador Allende. Fu così che De Marchi
gli fece conoscere Kropotkin, Bakunin, Malatesta e Lafargue. E
l'adolescente sentì che gli si apriva una porta, una porta che
collegava la sua storia familiare a un futuro di attività
politica.” (3)
Altre conferme
dell'amicizia tra Allende e De Marchi, che rimarcano nei
particolari i dati anagrafici dell'anarchico italiano, sono
quelle rilasciate da Allende a Régis Debray, che pur se
ripetono quanto già riferito ne arricchiscono e rafforzano il
peso:
“Quando ero un
ragazzo, tra i 14 e 15 anni, mi recavo nel laboratorio di un
artigiano, un calzolaio anarchico che si chiamava Juan
Demarchi, per sentirlo parlare e per avere qualche scambio di
idee con lui. Questo accadeva a Valparaiso, quando ero
studente al liceo. Appena finite le lezioni andavo a parlare
con questo anarchico che ha avuto davvero molta influenza
sulla mia vita di ragazzo. Aveva sessanta, o forse sessantatre
anni, e chiacchierava volentieri con me. Mi ha insegnato a
giocare a scacchi, mi parlava delle cose della vita e mi
prestava libri….” (4)
E come non
leggere - nelle vicende politiche dell'esperienza di Allende -
l'influenza del pensiero anarchico trasmessogli dal De
Marchi?
Nella sua
determinazione di governo per la parte più povera del Cile,
nelle leggi per la divisione dei latifondi ai contadini e
braccianti, nella sua generosità e impegno risuonano anche le
parole di Malatesta, Kropotkin, Bakunin:
“ Se la
democrazia potesse essere altro che un mezzo per ingannare il
popolo, la borghesia, minacciata nei suoi interessi, si
preparerebbe alla rivolta e si servirebbe di tutta la sua
forza e di tutta l'influenza che le sono date dal possesso
della ricchezza, per ricordare al governo la sua funzione di
semplice gendarme al suo servizio. ” (Malatesta, L'Anarchia,
1907).
“ La
rivoluzione non è un semplice cambiamento di governanti. E' la
presa di possesso da parte del popolo di tutta la ricchezza
sociale. ” (Kropotkin, Parole di un rivoltoso,
1883).
“ I popoli sono
pronti, essi soffrono molto e, ciò che conta, incominciano a
capire che non sono affatto obbligati a soffrire. “ (Bakunin,
Protesta dell'Alleanza, 1871).
Di quest'umile,
coraggioso anarchico italiano una testimonianza fondamentale
rimane la fotografia, quantunque utilizzata per schedarlo dal
regime fascista. (5) La fotografia di De Marchi è la
registrazione della sua vita (6). Se ne noti l'asciuttezza
della figura, il volto scavato dalle mille fughe e
emigrazioni, dal duro lavoro e la semplicità in un abito
povero ma con una sua dignità; e la si raffronti con quelle di
Allende, che pur in un abito borghese conserva la stessa
umiltà quando viaggia in Cile, o nel mondo a difendere il suo
esperimento di socialismo nella democrazia, le sue
affermazioni profetiche e il suo sguardo profondo e
intelligente sull'uomo presente in una sua celebre
dichiarazione:
” Pienso
que el hombre del siglo XXI debe ser un hombre con una
concepción distinta, con otra escala de valores, un
hombre que no sea movido esencial y fundamentalmente por
el dinero, un hombre que piense que existe para la fortuna una
medida distinta, en la cual la inteligencia sea la gran fuerza
creadora. “
Una ricerca
nell'Archivio Centrale dello Stato italiano a Roma ci consente
di fare un'ulteriore chiarezza su Juan De Marchi. (7) Il
documento chiave e più rilevante è la risposta dell'ambasciata
italiana d'Argentina da Buenos Aires, datata 4 Ottobre 1932 al
Ministero dell'Interno italiano. Il documento ha per oggetto
De Marchi Giovanni fu Giacomo e di Ennetti Maria, nato il 10
giugno 1866 a Torino, anarchico. Trascriviamo il
testo:
“In risposta
alla nota citata a margine ho l'onore d'informare che
l'individuo contraindicato, non è stato finora rintracciato in
questa capitale, e da notizie potute avere in questa Calle
Loira n. 1210, dove egli visse fino circa due anni fa', si
sarebbe recato nella vicina repubblica del Chile unitamente
alla moglie Mardones Etelvina. Egli qui esercitava il mestiere
di falegname, e fu arrestato il 3 marzo 1929, perché sorpreso
da questa Polizia politica, unitamente ad altri anarchici,
mentre usciva dalla sede di un comitato anarchico, sita in
questa Calle Laira n.1194, frequentato pure in quel tempo dal
noto anarchico Barbetti Lino. Dal fascicolo che lo riguarda,
esistente presso questa Polizia politica, secondo
dichiarazione resa dal De Marchi al momento del predetto
arresto, risulta effettivamente nato in Torino; può darsi però
che invece sia nato in qualche comune del circondario di
Torino. Si trovava in Argentina sin dal 1893.
Connotati:
statura 1.60, corporatura esile, colorito naturale, capelli
brizzolati, occhi infossati, castani - chiari, fronte ampia,
naso retto, bocca media, baffi brizzolati spioventi, barba
rasa, mento - orecchie - labbra regolari.
Il Regio
Incaricato di Affari…”.
Una lettera
precedente quella del 4 ottobre 1932 fu inviata sempre
dall'ambasciata d'Italia in Argentina in data 6 aprile 1932.
In essa si leggono dei dubbi sulla stessa identità del De
Marchi argentino rispetto al cileno, dubbi che scomparvero –
troppe coincidenze di luoghi e nomi – di lì a qualche mese.
Questo secondo documento su Giovanni De Marchi è sempre
inviato da Buenos Aires al Ministero dell'Interno a Roma. Ecco
il testo:
“In risposta
alla nota citata a margine ho l'onore d'informare che
l'individuo contraindicato, dal prontuario n.59212 esistente
presso la locale Polizia politica, risulta essere
effettivamente nato in Torino nel 1866, 10 di Giugno, secondo
dichiarazione resa in occasione di un fermo per misure di
Polizia. Il De Marchi sarebbe sposato, esercita il mestiere di
falegname, e fino a qualche tempo fa era effettivamente
domiciliato in questa Calle Loira n.1210, da dove però si è
trasferito per ignota destinazione. Secondo una comunicazione
apparsa sul locale quotidiano “ La Prensa” del 6 febbraio
c.a., un tal De Marqui (sic, ndr) Giovanni non meglio
generalizzato sarebbe stato arrestato dalla Polizia di
Valparaiso, ed espulso dal Chile, in conseguenza della sua
attività sovversiva. Dubitasi che il predetto sovversivo
espulso dal Chile possa identificarsi nel De Marchi in oggetto
specificato. Ad ogni buon fine trasmetto in visione e con
preghiera di cortese restituzione, l'acclusa copia di
fotografia del De Marchi Giovanni fu Giacomo.
Con profondo
ossequio
Il Regio
Ambasciatore (Visto, ndr)
(firma
illeggibile ma è la stessa della precedente).
Ma ancor prima,
il 6 aprile del 1931 l 'ambasciata italiana di Buenos Aires si
era occupato di Giovanni De Marchi in corrispondenza con il
Ministero dell'Interno italiano. Il testo:
“In risposta
alla nota citata a margine ho l'onore d'informare che
l'individuo contraindicato da qualche tempo non è stato più
notato dal servizio fiduciario ed informativo di questo
Ufficio Riservato. In questi gruppi sovversivi ed
antifascisti, in via confidenziale, è stato possibile
conoscere che il Di Marchi (sic, ndr) siasi trasferito per
ragioni di lavoro, in un comune imprecisato della vasta
provincia di Santa Fé.
Con profondo
ossequio
Il Regio
Ambasciatore
(firma
illeggibile, ndr)
Un altro
documento d'archivio interessante del fascicolo sul De Marchi
è l'elenco di anarchici italiani presenti a Buenos Aires in
quegli anni, in cui si specifica la sua appartenenza a una ben
determinata corrente anarchica.
De Marchi lo si
è già letto nel documento d'archivio, giunse in Argentina
ventiseienne, fin dal 1893. Pochi anni prima, nel febbraio del
1885, Malatesta era arrivato a Buenos Aires, già famoso per le
insurrezioni del 1874 nel beneventano e per l'adesione, sempre
con Cafiero, all'ala bakuninista della federazione italiana
dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori. Un anno prima
dell'arrivo del rivoluzionario anarchico, 17 lavoratori
italiani costituirono il Circolo Comunista Anarchico che
distribuiva La Questione Sociale pubblicata a Firenze dal
Malatesta.
Il Paria di
Ancona e La Révolte parigina. Pochi mesi dopo l'arrivo di
Malatesta a Buenos Aires si costituì, con numerose aderenze,
un Circolo di studi sociali, in calle Bartolomè Mitre 1375;
nel Circolo vi furono conferenze di Malatesta e altri
compagni, la pubblicazione in italiano de La
Questione Sociale. Sia Malatesta che, successivamente, Pietro
Gori propugnarono il rifiuto del settarismo e il confronto nel
dibattito con le altre ideologie. Malatesta, inoltre
“affermava che in Argentina, grazie alla necessità che c'era
di manodopera, gli scioperi si erano conclusi con successo;
per questo dovevano continuare e il lavoratore, nella pratica,
doveva formarsi una coscienza rivoluzionaria”
(8).
Il lavoratore
italiano emigrato in Argentina era soprattutto bracciante,
chiamato “golondrina”, rondine perché arrivava per il raccolto
e ritornava l'anno dopo. Nella pampa argentina nacque il
“linjera”, parola di origine italiana per molti, da
“linghera”, il fardello dei vagabondi politicizzati che
con i loro pochi averi, i volantini anarchici, viaggiavano nei
treni merci, lavoravano nei campi e propagandavano la rivolta
sociale. In questo contesto sociale giunse e si mobilitò
Giovanni De Marchi che divenne Juan Demarchi in America
Latina. In quegli anni in Argentina gli anarchici italiani –
oltre che ad organizzarsi in associazioni e sindacati mai così
strutturati come quelli socialisti di origine tedesca – si
mobilitarono per l'emancipazione della donna e nelle campagne
antimilitariste. I loro principali centri associativi si
trovavano a Buenos Aires, a Rosario e a Bahia Blanca. Juan De
Marchi era in Argentina da appena un anno, quando a Buenos
Aires, si pubblicò l'innovativo articolo Alle Donne, sul
giornale anarchico La Questione Sociale del dicembre 1894; e
sempre in quel periodo uscì il periodico comunista anarchico
in lingua spagnola e italiana La voz de la
mujer.
De Marchi negli
anni che vanno dal suo arrivo in Argentina fino alla
rivoluzione russa di ottobre del 1917 e lungo tutta la
sua vita, seguì il movimento anarchico che vide l'arrivo, nel
giugno del 1898 a Buenos Aires, di Pietro Gori che vi rimase
fino al 12 gennaio 1902 quando ripartì per l'Italia. Gori,
leader anarchico di larga fama, infiammò in quei quattro anni
gli immigrati di origine italiana e i più poveri tra gli
argentini. Malatesta e Gori rafforzarono nella terra argentina
l'organizzazione anarchica avversa alla corrente
individualista, il socialismo anarchico a cui aderì Juan De
Marchi. Sosteniamo questa sua presa di posizione convinti dal
suo fascicolo d'archivio rintracciato, precisamente
dall'elenco citato degli anarchici di Buenos Aires del 10
maggio 1929: egli figura appartenente al gruppo Umanità Nova,
si legge, infatti, nell'elenco: “De Marchi Giovanni di Giacomo
e di Ennetti Maria nato in Torino il 10 giugno 1866 sposato a
Mardones Etelvina carpentiere domiciliato in questa Calle
Loira 1210” .
Umanità Nova
era la componente anarchica in Argentina ispirata da Luigi
Fabbri e Ugo Fedeli, due anarchici che dimoravano quasi sempre
a Montevideo, e che seguivano l'insegnamento di Malatesta
sull'organizzazione anarchica: “…se la comprensione risulta
impossibile, bisogna imparare a tollerarsi, lavorare insieme
quando si è d'accordo e, quando non si trova questo accordo,
lasciare che ciascuno faccia quel che gli pare, senza
ostacolarsi reciprocamente. Perché, in realtà, se si tengono
presenti tutti i fattori, nessuno ha sempre ragione”.
(9)
Il gruppo di
Umanità Nova confluì con quello dell'Avvenire e con gli
individualisti (dopo un durissimo conflitto tra le varie
componenti anarchiche argentine) nel giornale Sorgiamo!,
diretto da Aldo Aguzzi, abile mediatore delle varie correnti
libertarie. Il giornale uscì fino al 1934 e dopo, per un
brevissimo periodo, si stampò La Fiamma. Gli anarchici
italiani in Argentina successivamente si frantumarono, alcuni
coerentemente parteciparono alla guerra civile spagnola, altri
si riversarono in altri paesi o si adattarono nel paese in cui
vivevano; Aguzzi – simbolo di un tentativo estremo di
riorganizzazione – rientrato dalla Spagna, si tolse la vita.
Gli anarchici italiani arrivati alla fine dell' 800 in
Argentina, tra i quali De Marchi, si erano impegnati in uno
spirito internazionalista per l'organizzazione del movimento
insieme al proletariato e ai poveri argentini, mentre quelli
giunti per sfuggire al fascismo negli anni '20 e '30 volevano
soprattutto proseguire la lotta antifascista; pertanto,
l'organizzazione anche sotto la persecuzione politica
argentina si sfaldò, disperse ed ebbe termine (10).
A tutt'oggi
riesce impossibile ricostruire con i documenti rintracciati
tutta la storia di De Marchi, le sue idee, i pensieri, gli
spostamenti in America Latina. Le fonti sono così rare e di
difficile reperimento. Forse negli archivi latino-americani,
riteniamo cileni e argentini soprattutto – paesi in cui si
spostavano De Marchi e la consorte, come risulta dai documenti
citati – in cui, probabilmente, altre carte saranno conservate
su Juan De Marchi che ci permetteranno in futuro una
conoscenza più approfondita.
GLI
ANARCHICI IN CILE
Anche il Cile
con l’Argentina fu terra di Juan De Marchi e, seppure i
documenti d’archivio ritrovati non ne accennino al riguardo ,
alcune precisazioni storiche sono indispensabili per
comprendere la biografia del nostro. In Rete vi è un articolo
anarchico ampio “El anarquismo en Chile” che ci parla di De
Marchi.
De Marchi
arriva in Argentina e dipoi in Cile quando già dalla seconda
metà dell’ottocento erano sorte le prime associazioni operaie
di resistenza in risposta alle profonde ingiustizie sociali di
un capitalismo che sorge e si alimenta dai capitali britannici
alleati alla borghesia cilena, basato principalmente sulle
estrazioni minerarie del salnitro, dell’argento. del carbone,
del rame; e con il
contiguo
sviluppo delle zone portuali, banche e commercio.
La borghesia
cilena approfittò di due eventi storici rilevanti: la guerra
del Pacifico e la pacificazione della Araucania per far
macellare sotto le ipocrite bandiere del patriottismo migliaia
di cileni, ma in realtà per sviluppare la produzione del
salnitro al nord e incorporare terre boliviane e peruviane e
incrementare i profitti agricoli con l'’incorporazione di
tutta la zona dell'Araucanìa alla Repubblica.
Juan Demarchi
fu importante esponente anche degli anarchici cileni, tra i
più importanti difensori delle ragioni degli umili con Armando
Triviño, el "milico" , quien será su
primer
secretario general, Juan Onofre Chamorro, un destacado
dirigente y activista portuario del gremio de los estibadores
(eccezionale leader e attivista portuale,ndr) -, Juan
Demarchi, obrero carpintero de origen italiano que instruirá
en la "cuestión social" al aún adolescente Salvador Allende,
Augusto Pinto, y los estudiantes Domingo Gómez Rojas y Juan
Gandulfo.
Tra gli organi
di diffusione del movimento ricordiamo "Acciòn Directa" di
Santiago, "El proletario" a Talca e, infine quella della città
in cui viveva in Cile Demarchi, la città di Allende,
Valparaiso, vala a dire il giornale "Mar y
Tierra!".
A Valparaiso
Claudio Magris in un reportage sul Cile ha dedicato
queste
note:
"L'incantevole
Valparaiso, «porto della nostalgia»,come si intitola il
vecchio romanzo di Salvador Reyes; aria marina di grandi
orizzonti lontani e di attracchi familiari, vie che si
inerpicano piene di luce e adornate da bizzarri dipinti sulle
case, come se la
città e la sua
vita quotidiana fossero una mostra, in cui l' arte è integrata
ariosamente nell' esistenza. Anche qui regnano i colori -
quelli mutevoli del mare,
a seconda sia
vicino o lontano, increspato, terso o irato; quelli delle
colline, delle finestre, dei
tetti, delle
insegne di trattorie di pesce, amabili tappe e soste nell'
opaco viaggiare del vivere. Sempre i colori, alfabeto e
sillabario del mondo, ma questi non sono i colori assoluti e
spietati della Valle della Morte o del Deserto di Sale, bensì
quelli caldi, temperati e amabili della vita, del rione di
casa."
Il legame tra
gli anarchici e Allende è ulteriormente confermato dalla
testimonianza del regista italiano Giuliano Montaldo, autore
tra l’altro del film su Sacco e Vanzetti anarchici uccisi
negli USA per le loro idee di libertà e
giustizia.
Montaldo nel libro di
Pasquale Iaccio “Cinema e storia”, a proposito di
Sacco e Vanzetti (p. 436) :
" Insomma, mi hanno colpito le
personalità di ogni tempo, il coraggio di quegli uomini che
hanno cercato la verità, da soli, contro tutti. Anche quando
era chiaro che non avevano alcuna speranza, hanno avuto il
coraggio di lottare fino in fondo contro il potere.
"
E a pag.
440:
" Dopo che uscì anche in Cile il
mio Sacco e Vanzetti, ricevetti una lettera straordinaria, che
conservo tra le cose più care, con cui un certo signor
Allende, che allora era presidente del suo paese, si
congratulava con la mia opera cinematografica. Io naturalmente
mi affrettai a rispondergli. Poco dopo venne a trovarmi una
signora, inviata dal presidente Allende, con una serie di
documenti che mi furono sottoposti. Si parlava della
situazione cilena, dell'ingerenza della Cia, del ruolo del
giornale "Mercurio", del sindacato dei camionisti e di quello
delle miniere del rame, ecc...Da quelle carte, risultava
chiaro il disegno di rovesciare il presidente Allende. I
documenti provenivano dal servizio segreto cileno. Mi fu detto
che lo stesso Allende avrebbe gradito che io realizzassi un
film sull'esperimento cileno, ricavato dai documenti che mi
avevano messo a disposizione. Lo si definiva proprio
"esperimento cileno". Allora mi misi subito al lavoro insieme
a Lucio Battistrada (con cui avevo lavorato alla stesura di
Una bella grinta ) e Andrea Barbato. Cominciammo a scrivere
una sceneggiatura, che poi
Leo Pescarolo avrebbe
dovuto produrre. Leggendo quei documenti eravamo atterriti
perché non c'era alcun dubbio che l'esperimento cileno sarebbe
finito nel sangue...La sceneggiatura era quindi basata su
fatti reali documentati e si delineava lo sbocco che avrebbe
avuto la vicenda cilena. I documenti, dopo averli utilizzati
per la sceneggiatura li restituimmo a chi ce li aveva dati.
Ricordo che parlavano dell'atteggiamento delle varie armi
dell'esercito: La marina era lealista; l'aeronautica era
contro Allende, ecc... Non ci inventavamo niente. Tutte le
trame che descrivevamo erano ricavate dal materiale che ci fu
permesso di consultare. Per esigenze cinematografiche,
inserimmo solo qualche personaggio minore e cambiammo qualche
nome, ovviamente. Ricordo che il film iniziava con un aereo
che atterrava in Cile, alla vigilia del golpe, e si
conscludeva con la morte del presidente Allende. La scena
finale prevedeva la sua uscita dalla Moneda; qui veniva
circondato da un gruppo di studenti che gli facevano festa.
Ma, da un angolo della strada, spuntava un sicario con una
rivoltella, partiva un colpo e Allende moriva. Così terminava
la nostra sceneggiatura. La inviammo anche al presidente
perché la leggesse...
Neanche un mese dopo, si verificò
il colpo di stato con l'uccisione (reale) di Salvador
Allende.
Tempo fa alla radio parlai a
lungo di questa storia con la figlia di Allende che ricordava
bene l'episodio. E "l'Unità" ha anche pubblicato larghi
stralci di quella sceneggiatura."
(11).
Vi è anche un video che raccoglie
questa importante testimonianza di Giuliano Montaldo,
singolare riflessione che vede l’incontro tra il regista del
calzolaio anarchico Nicola Sacco e del pescivendolo anarchico
Bartolomeo Vanzetti e il presidente Allende che sempre
conservò la cara memoria del suo Maestro di politica, il
calzolaio anarchico Giovanni De
Marchi:
il documentario realizzato per il
Festival Cinema e Lavoro racconta del progetto su Unidad
Popular, commissionato dallo stesso Salvador Allende a
Montaldo qualche mese prima del golpe. Un film che non fu mai
realizzato, “carico di presagi e che ha fortemente coinvolto,
dal punto di vista emotivo, il regista ed il grande
giornalista Andrea Barbato, nell'occasione coautore della
sceneggiatura.(12).
Non possiamo
nel ricordo di Allende non citare le parole del leader
italiano onesto e al servizio dei subalterni Riccardo
Lombardi, nella sua prefazione al libro “Le istituzioni
in Cile” curato da Magistratura Democratica (Savelli ed..
1974, pp.13-14): “ L’esperienza cilena, con la novità e
originalità delle sue espressioni e soprattutto per il nuovo
slancio ideale che ha saputo infondere in tutto il movimento
operaio, per la generosità del suo tentativo di fondere il
socialismo in modo pacifico ed infine anche per la morte
gloriosa di Salvador Allende, il quale con il suo sacrificio
ha aperto la strada alla resistenza cilena, mostrando tutta
intera la sua statura di grande dirigente
rivoluzionario”.
Rimane un
ultimo accostamento da evidenziare: l'esperienza di Allende e
di Unidad Popular appare unica e singolare come la rivoluzione
libertaria catalana all'inizio della Guerra civile spagnola,
anche questa riflessione unisce i destini di Juan De Marchi e
Salvador Allende.
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Note
1) Luciano
Aguzzi, “Salvador Allende. L'uomo, il leader, il mito”,
Ediesse 2003, p.52.
Mistero della
ricerca e delle coincidenze, l'autore dell'appassionante
biografia di Allende ha lo stesso cognome dell'anarchico
Aguzzi che in quegli anni lottava con De
Marchi.
2) Francisco
Bilbao nacque a Santiago del Cile nel 1823 e morì in Argentina
nel 1865. Fu esponente degli intellettuali positivisti del
continente latino – americano. Prese a modello i regimi
politici degli Stati Uniti e dell'Inghilterra, propugnando
“…la indipendencia del territorio, la soberanià del individuo,
la forma repubblicana de gobierno, el advenimento de la
democracia desde la aldea hasta capitales, la separaciòn dela
Iglesias y del Estado…” Tra le sue opere è da ricordare “El
evangelio americano”. Cit. in R. Campa, “Antologia del
pensiero politico latino-americano”, Ed. Laterza 1970, pp.252
e segg..
Luis Emilio
Recabarren Serrano (Valparaiso 1876-1924), fondatore del
Partito Comunista Cileno e
del Partito Comunista Argentino. Utilizzò libri, giornali,
volantini, gruppi teatrali, discorsi e conversazioni per
organizzare la classe operaia cilena in partito
rivoluzionario.
Pablo Iglesias
(1850 – 1925), fondatore nel 1879 con Josè Mesa e altri del
Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) e del sindacato
affine l'Uniòn General de Trabajadores (UTG).
3) Sta in:
Patricia Verdugo, “Salvador Allende. Anatomia di un complotto
organizzato dalla Cia”, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2003,
p.19. Edizione originale: P.Verdugo “Allende: Còmo la Casa
Blanca provocò su muerte”, 2003 Editorial Catalonia; Carlos
Jorquera “El chico Allende”, Ediciones Bat, 1990.
4) Régis
Debray, Allende Salvador, “La via cilena” Feltrinelli 1971, p.
62.
5) “Le
fotografie forniscono testimonianze a partire da come se ne
servì la polizia parigina nel giugno 1871 per il sanguinoso
rastrellamento dei comunardi, le fotografie sono diventate un
utile strumento degli stati moderni per sorvegliare e
controllare popolazioni sempre più mobili.” Susan Sontag,
Sulla fotografia Einaudi, Torino 2004, p. 5. Invero, la prima
schedatura internazionale di massa non fu quella dei comunardi
parigini ma quella dei contadini-briganti meridionali italiani
annientati dalla politica di conquista dei Savoia negli anni
1860-1865.
6) “La tua
fotografia è, per chi sa veramente vederla, una registrazione
della tua vita…”, Paul Strand, cit., in S. Sontag, Sulla
fotografia, cit., p. 157.
7) Archivio
Centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Casellario
Politico Centrale, Busta 1716, Fascicolo 32652, De Marchi
Giovanni di Giacomo e di Maria Ennetti.
8-9-10)
Osvaldo Bayer, Gli Anarchici espropriatori e altri saggi sulla
storia dell'anarchismo in Argentina, Edizioni Archivio
Famiglia Berneri, 1996 Cecina (LI), pp. 91-108.
11) Pasquale
Iaccio, prefazione di Mino Argientieri, Cinema e
storia, percorsi immagini testi-. monianze, Liguori
Editore, Napoli 2000
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Bibliografia
Disponibili in
italiano, oltre ai testi indicati nelle note:
per la storia
degli anarchici il testo classico di Masini con amplia
bibliografia, Masini, Piercarlo Storia degli anarchici
italiani da Bakunin a Malatesta, Rizzoli, Milano
1972;
per il Cile e
Allende:
Biacchesi
Daniele – Marazzini Raja – Paiusco Stefano, Cile 11 settembre
1973, Franco Angeli, Milano 2003;
Garcìa Fernando
D. – Sola Oscar, Salvador Allende, Edizioni Sperling &
Kupfer, Milano 1998;
Riera Rehren
Jaime – Izquierdo Funcia Claudio, Il sogno di Salvador
Allende, Baldini Castoldi Dalai Editore, 1998;
Mulas Andrea,
Allende e Berlinguer. Il Cile dell'Unidad Popular e il
compromesso storico italiano, Lecce 2005;
Verdugo
Patricia, Golpe in diretta. L'ultima battaglia di Salvador
Allende e la registrazione clandestina delle comunicazioni fra
gli alti comandi militari, Unicopli Editore, Milano
1999.
Vedi anche:
Riccardo Campa, Antologia del pensiero politico
latino-americano. Dalla Colonia alla seconda guerra mondiale,
Ed. Laterza, Bari 1970.
Inoltre, per
alcune citazioni di Allende e per ricchezza di contenuti il
sito:
Tra gli
ultimi testi vi è Salvador Allende: fine di un
mito? di Farias Victor - Medusa Edizioni – 2007. L’autore si
sofferma su alcuni aspetti irrilevanti della biografia di
Allende per svolgere un lavoro di revisionismo finalizzato
alla svalorizzazione di uno dei protagonisti coraggiosi e
indomiti delle ragioni degli ultimi. E’ una corrente
storiografica asservita, che non legge la complessità di chi
ha agito nella propria vita politica con intenti nobili e per
ridare dignità al popolo cileno…
Sebastiano
Gernone© Copyright 2005 -
2008