Zamenhof il pioniere
di Luigi Tadolini
Il 15 dicembre 1859 nasceva a Bjalistok in Polonia
Lazaro Ludovico Zamenhof, il medico che legò il suo nome alla creazione
della Lingua internazionale. In quegli anni l'Europa assisteva al declino
dell'impero asburgico ed al sorgere di quello germanico, mentre i primi
violenti scontri sociali preoccupavano le borghesie dominanti. La situazione
politica e sociale della Polonia in particolare, doveva avere una importanza
decisiva nella formazione della personalità e delle idealità del giovane
Zamenhof. Bjalistok viveva allora sotto il regime zarista ed i suoi abitanti
facevano parte di cinque distinti gruppi etnici: il polacco (18%), il russo
(8%), il tedesco (6%), l'israelita (66%) e il bielorusso (2%). Pregiudizi e
antagonismi, spesso suscitati ad arte da provocatori al soldo delle
borghesie sfruttatrici, condizionava pesantemente le relazioni quotidiane
fra gli appartenenti alle diverse razze. I contrasti sfociavano a volte in
urti violenti e non di rado il giovane Zamenhof dovette imbattersi in scene
sanguinose che lo riempivano d'orrore e di angoscia. La violenza ed il
terrore erano armi frequentemente usate dalle classi dominanti e dalle caste
militari per opprimere gli strati popolari e per reprimere ogni anelito
libertario.
Stridentissima era la diversità delle lingue. I funzionari, i padroni, i
militari parlavano russo; la nobiltà, generalmente cattolica, parlava
polacco; il popolo, formato anch'esso da un miscuglio di nazionalità, ma nel
quale predominava i lituani ed i bielorussi, si esprimeva in lituano. Per le
misere straducole del quartiere ebraico risuonava perlopiù l'yddish, mentre
la minoranza sassone era orgogliosa del proprio tedesco. Questa disarmonia,
questo stridente contrasto di favelle, autentica immagine della Babele
biblica, che sembrava sintetizzare l'urto degli interessi e delle mentalità,
fu il dato saliente che Zamenhof fanciullo colse come elemento di discordia
e di odio. Ecco il punto di partenza, il motivo di base che giustifica la
carica ideale di cui è permeata l'idea esperantista: l'orrore per
l'ingiustizia e la violenza generata dai pregiudizi e dall'incomprensione.
L'idea di un linguaggio comune, come veicolo di conoscenza, di comprensione
e di tolleranza, formulata negli anni della più tenera età dinnanzi agli
orrori dei massacri, non lo lasciò più. Gli fu compagna sui banchi del Liceo
di Varsavia, poi nelle aule dell'Università di Mosca, dove Zamenhof si
laureò in medicina.
Dal padre, Ludovico aveva ereditato la versatilità nelle lingue. Parlava
correntemente il russo, il polacco, il tedesco, l'ebraico. Conosceva il
latino, il francese, l'italiano, lo spagnolo, l'inglese, ed aveva
familiarità con altri cinque o sei idiomi. Non gli fu difficile scoprire che
una lingua internazionale già viveva in potenza nelle lingue nazionali, una
lingua che ne doveva sintetizzare gli elementi comuni, sfrondandone le
difficoltà e le complicazioni. E così, attraverso anni e anni di studio
comparativo, di ricerca, di prove, di traduzioni, di notti insonni, nacque
la nuova Lingua che compendiava la semplicità dell'inglese, la logica del
tedesco, la precisione del francese, l'armonia dell'italiano e dello
spagnolo. Nel 1887 vedeva la luce a Varsavia il primo modesto libretto di
studio, che conteneva un vocabolario di 927 radici lessicali e l'elenco dei
prefissi e dei suffissi con i quali era possibile costruire, da quelle 927
radici, un numero praticamente illimitato di vocaboli.
La bontà dell'opera suscitò ben presto le prime adesioni. Si formarono
gruppi di ferventi propugnatori del nuovo idioma in Polonia, Ungheria,
Russia, Germania, Belgio, Bulgaria, Italia. Leone Tolstoi raccomandò agli
europei di apprendere la lingua del dottor Zamenhof, perché - scrisse in una
sua lettera - il sacrificio è piccolo ed i risultati che se ne possono
trarre immensi.
Nel 1905 fu tenuto in Francia il primo Congresso mondiale degli
Esperantisti, vera pietra miliare nella storia della Lingua internazionale:
800 uomini e donne, venuti da 30 paesi diversi, per la prima volta nella
storia dell'umanità, si incontravano e si comprendevano perfettamente per
mezzo di un comune idioma neutrale, che cancellava le differenze, che li
faceva sentire fratelli e figli di una stessa patria, il mondo, e pareva
aver distrutto d'incanto le secolari barriere della diffidenza e della
incomprensione. A Parigi Zamenhof ricevette i più alti riconoscimenti. Gli
fu assegnata la "Legion d'onore", gli fu offerta una cattedra universitaria,
gli fu riservato il posto d'onore, su una terrazza della Torre Eiffel, in
mezzo ai grandi nomi dell'Academie Française. Centinaia di città hanno ora
dedicato al suo nome strade e piazze. Monumenti sono sorti in diverse
nazioni; perfino una nave transoceanica porta il nome del dottor Zamenhof.
L'Associazione mondiale degli Esperantisti è da anni membro permanente
consultivo dell'UNESCO ed è stata più volte candidata al Premio Nobel per la
Pace.
Eppure la diffusione dell'esperanto ha sempre incontrato ostacoli enormi
fra i potentati linguistici, legati ad interessi capitalistici e alle
tirannie reazionarie che vedono in esso un simbolo di unità popolare al di
sopra delle barriere nazionalistiche. E così, ad esempio, i falangisti di
Franco fucilarono tutti i componenti del gruppo esperantista di Cordova,
Hitler perseguitò duramente gli esperantisti tedeschi come "pericolosi
internazionalisti" e Stalin distrusse il movimento esperantista come "nemico
del popolo". Acquista quindi un preciso significato politico la speranza e
la fiducia riposta dallo stesso Zamenhof nei lavoratori, quando affermava
che la classe operaia sarà il più forte appoggio per la nostra
causa.... Essi più di ogni altro comprenderanno l'essenza e l'idea dell'esperantismo.
L'iniziatore dell'esperanto morì il 14 di aprile del 1917. Lo scoppio della
prima guerra mondiale gli aveva portato un'angoscia indicibile. Il suo
nobile cuore, che aveva creduto nella pacificazione e nella solidarietà, e
che all'ideale di fratellanza aveva dedicato tutti i suoi palpiti, non resse
all'immane tragedia di una Umanità nuovamente dilaniata dall'odio.