L'etica anarchica
di Giovanni Baldelli (Londra)

"L'anarchismo è dottrina di menzogne e parassitismo, di furto, d'infingardaggine e assassinio. È storicamente provato infatti che ci furono anarchici ladri e bugiardi, parassiti e infingardi, anarchici assassini".

La falsità di questa oltraggiosa asserzione salta subito agli occhi. I principi e le idee sono una cosa, le azioni degli uomini un'altra. Il malagire d'un uomo che si richiama a un'idea non invalida l'idea, giacché chiunque può richiamarsi a un'idea e poi fare quello che meno gli si accorda. L'albero si giustifica dal fico, e va bene, ma un fico si distingue da una mela o da qualsiasi altro frutto per certe sue caratteristiche di forma e di gusto, indipendentemente dall'albero da cui si coglie. Così l'anarchismo si distingue da altre dottrine per una sua logica interna, spezzando la quale non è più anarchismo ma altra cosa. L'anarchismo è indipendente dall'opinione che uno se ne fa o da quello che a uno conviene dire che sia o che non sia.

Lo stesso vale per l'etica, la quale è quella che è, un insieme di regole e di principi, sia chi sia chi l'invochi e per chi e per che cosa. L'affermare, o pur solo suggerire, che l'etica sia solo per gli sfruttati è un rendersi conto di che etica sia, perché dove c'è etica non ci sono né sfruttati né sfruttatori. Se ci sono, vuol dire che non c'è etica. Il dedurne che dove non c'è etica non si può o non si deve agire eticamente, che se uno dice bugie io posso rubare, e che se uno ruba io posso ammazzare, sarà logico fin che si vuole, ma non secondo la logica dell'anarchismo, solo secondo quella storicamente vigente e conformandosi alla quale l'anarchismo perderebbe ogni diritto di farne la critica e d'esprimerne la condanna.

Dire che l'etica è solo per gli sfruttati è come dire che la salute è solo per gli ammalati. Certo è l'ammalato più del sano che vuole ed invoca la salute. Così l'etica l'invoca chi più soffre della sua mancanza. Se chiodo schiaccia chiodo, se una malattia come la sifilide si può curare con un'altra, la malaria, una pratica che non è etica non si abolisce con un'altra meno etica ancora. Il ricorso alla violenza per ottenere la giustizia giustifica la violenza. Giustificata la violenza in un caso si dà il via alla sua giustificazione in ogni altro. Chi mi impedirà di chiamar giustizia quel che voglio che sia, quando è la violenza che è chiamata a decidere della giustizia ed io sono il più forte?

Che la vita umana è sacra è un principio anarchico o non lo è. Se non lo è, cadono tutti gli altri principi e tutti i valori dell'anarchismo, e non dell'anarchismo solo, perché i principi e i valori sono per la vita dell'uomo e non viceversa. Se la vita umana si può togliere, e la si può togliere quando convenga o quando solo se ne abbiano i mezzi e la voglia, non si può aver fede in nessun principio o valore, in nessun uomo che professi di riverirli. E non si dica che si ha diritto di toglier la vita d'un uomo quando è quella di uno sfruttatore o d'un oppressore, quando la si toglie in nome della giustizia. Anche i nazisti pretendevano agire in nome della giustizia e di toglier la vita solo ad uomini che d'esser uomini non eran degni. Se uno mi vuole ammazzare non ha che da dire, o prima o poi, o vero o falso che sia, ch'io ero dalla parte degli oppressori e sfruttatori, pagato da loro.

Qui va rammentato che v'è un altro principio anarchico ed etico, secondo cui nel trattare con gli uomini non si devono avere due pesi e due misure, un peso e una misura per quelli che sono dalla nostra parte e la pensano come noi, e un altro peso e un'altra misura per quelli che sono dalla parte opposta o la pensano diversamente. L'usar di due pesi e di due misure è quel che fan tutti coloro i quali contano sul potere per ottenere quello che vogliono e per dimostrare, in più, d'aver sempre ragione. Non posso, appellandomi alla logica e alla ragione, dire che la mia vita è sacra e quella del mio nemico non lo è, perché, se lui è nemico mio, io sono nemico suo e, trattandosi di definire un nemico, possiamo invocare tutti i principi che si vogliono, il fatto sta che il nostro nemico può fare altrettanto ed è il fatto dell'inimicizia che decide dei principi e non viceversa.

Un terzo principio anarchico è che, non solo i fini non giustificano i mezzi, ma ogni distinzione tra fini e mezzi è una comoda menzogna ed un'offesa all'umana persona. I fini sono intenzioni e di queste nessuno può giudicare. Il proclamare le intenzioni più nobili e generose non è garanzia che uno le abbia, è piuttosto indice del contrario. Dei mezzi invece, sì, che si può giudicare, perché i mezzi sono azioni e il giudice con maggior competenza d'una certa azione non è chi la compie, ma chi ne è affetto. Non ci sono mezzi per effettuare l'anarchia. L'anarchia consiste d'azioni conformi ai principi anarchici o che, perlomeno, non ne son la negazione. L'anarchia la si attua, non si aspetta che venga. Ancor meno la si fa venire con azioni che sono in diretto contrasto con i suoi principi.

Allora bisogna lasciarsi fare? Offrire la guancia destra a chi ci percuote la sinistra, lasciar che gli sfruttatori seguitino a sfruttare, i prepotenti a commettere prepotenze i torturatori a torturare? Niente affatto. La nostra stessa volontà di vita ci spinge a ribellarci contro chi ci vuol costringere, sfruttare, torturare od ammazzare. Il nostro istinto d'umana simpatia ci spinge anche lui alla ribellione quando vediamo altri che sono sfruttati, angheriati e trucidati. Questi motivi di ribellione hanno indubbiamente contribuito alla concezione dell'anarchismo e generalmente è per questi motivi che uno l'abbraccia. Ma essi non sono l'anarchismo, come non lo è la ribellione. Possiamo diventare anarchici perché siamo ribelli, ma non ci ribelliamo perché siamo anarchici. Ci ribelliamo a causa di un'offesa o di una indignità inflitta a noi o a chi uomo come noi, ma ribellandoci possiamo a nostra volta commettere offese e indignità. Ribellandoci non attuiamo l'anarchia. Ci ribelliamo perché siamo uomini, con una nostra volontà di vita e sentimenti di solidarietà verso i nostri simili, sentimenti che non necessariamente conducono all'anarchismo. La stessa volontà di vita e gli stessi sentimenti sono difatti responsabili per molto di quanto l'anarchismo condanna.

È che prima di essere anarchici siamo uomini, ognuno colle sue peculiarità e che di solito queste peculiarità contan di più nella nostra vita che non il nostro anarchismo. È che quando uno ci tiene a dirsi anarchico vorrebbe che tutto quello che fa e che pensa, che dice e che sente fosse riconosciuto come anarchico. È che uno, così volendo, finisce spesso col credere anarchico tutto quello che fa, che dice, che pensa e che sente. Finisce col crederlo tanto più facilmente quanto più trova persone che son d'accordo con lui. Tanta acrimonia e tanta confusione in certe polemiche fra anarchici viene proprio da questo, che si vuol riconosciuto per anarchico quel che si è e che si fa, che si pensa e che si dice, senza chiedersi quali siano i principi dell'anarchismo o se quelli che s'invocano come tali si accordano l'uno con l'altro in ogni occasione. Anarchico è tutto ciò che è bene; dicendoci anarchici diciamo quindi che tutto bene ciò che siamo e procede da noi. Il fenomeno complementare è quello di considerare come male tutto ciò che procede da chi non ci anasa. Non altrimenti il tedesco nazista vedeva tutto bene nel suo esser tedesco e nazista e tutto male nell'ebreo. L'ebreo, qualsiasi cosa facesse, non poteva che far male perché ebreo.

È nostra speranza che quanto sopra possa aiutare a chiarire le idee di alcuni compagni e a richiamare l'attenzione all'importanza di intendersi su quali siano i principi essenziali dell'anarchismo.