| L’anarchismo 
						è quel movimento politico e sociale che più di qualsiasi 
						altro è stato attraversato da due istanze diverse, al 
						limite antitetiche. La prima è quella rivoluzionaria, la 
						seconda è quella educazionista. La profonda differenza 
						esistente tra le due è ben rappresentata dall’implicito 
						dilemma posto da Carlo Pisacane, quando affermò che «la 
						propaganda dell’idea è una chimera, l’educazione del 
						popolo è un assurdo. Le idee risultano dai fatti, non 
						questi da quelle, ed il popolo non sarà libero quando 
						sarà educato, ma sarà educato quando sarà libero». 
						Questo dualismo oppositivo mette in luce così, 
						indirettamente, la centralità del discorso educativo 
						perché è sottolineata la necessità della formazione 
						della coscienza, premessa ineludibile per la costruzione 
						di una società retta, per principio, sulla capacità dei 
						suoi membri all’esercizio dell’autogoverno; il quale, 
						però, a sua volta, si dà solo all’interno di un processo 
						di rottura con l’ordine esistente. Naturalmente la 
						schematica alternativa pisacaniana non esaurisce la 
						complessità della progettualità anarchica, il cui 
						obiettivo, essendo diretto comunque alla conquista di 
						spazi sempre più grandi di libertà e di giustizia 
						sociale anche nella presente società, implica 
						l’attivazione contemporanea di vie assai divergenti fra 
						loro.    Tensione emancipativa  Il lavoro di Codello è volto alla ricostruzione di 
						questa pluralistica tensione emancipativa, dove tuttavia 
						rimane persistente il problema posto dall’eroe di Sapri. 
						La complessità dell’educazionismo anarchico consiste nel 
						fatto che gran parte dei teorici e degli educatori qui 
						analizzati erano rivoluzionari, per cui emerge 
						complessivamente una concezione gravata sempre da questa 
						istanza, implicante una continua problematicità così 
						riassumibile: in che senso il momento della coscienza è 
						preludio della discontinuità rivoluzionaria? In che 
						senso, invece, ne è l’esito necessario? Dove è possibile 
						segnare una linea indicante il loro incontro, onde poter 
						ritagliare la dimensione specificamente pedagogica 
						dell’anarchismo? L’importanza fondamentale dell’analisi 
						codelliana non è data quindi solo dalla ricostruzione 
						del variegato percorso teorico e pratico dispiegatosi 
						nel corso di centocinquant’anni, ma anche dalla disamina 
						del pensiero e delle questioni sottese all’aut aut 
						rivoluzione-educazione. In conclusione, questo lavoro è 
						al tempo stesso un libro di storia della pedagogia 
						anarchica e un libro di riflessione teorica 
						sulla pedagogia anarchica, aspetti che a loro volta 
						rimandano indirettamente al più ampio discorso 
						riguardante l’intero problema dell’emancipazione, così 
						come viene propugnato dall’anarchismo: quindi, 
						complessivamente, un libro di storia del problema 
						dell’educazione visto sotto l’ottica antiautoritaria.
						Codello affronta innanzitutto i classici del pensiero 
						anarchico, cogliendo la dimensione educativa connessa 
						alla specificità delle loro teorie. Il concetto 
						educativo inerente al pensiero di questi autori non è 
						esaminato come un pensiero a parte, ma come un 
						momento ineliminabile della loro riflessione generale. 
						Abbiamo così l’istanza razionalistica ed eudemonistica (Godwin), 
						l’irriducibilità esistenzialistica (Stirner), la 
						reciprocità individuo-società (Proudhon), l’insorgenza 
						libertà-rivoluzione (Bakunin), l’organicismo 
						solidaristico (Kropotkin), il rapporto natura-cultura (Reclus), 
						l’educazione cristiana del cuore e i limiti kantiani 
						dell’intelletto (Tolstoj).
 Ne risulta un mosaico teorico carico di tutte le valenze 
						pluralistiche proprie dell’anarchismo, qui, per 
						l’appunto, declinato in chiave educativa e 
						inevitabilmente piegato al processo storico-culturale 
						che attraversa tutto il XIX secolo: illuminismo, 
						romanticismo, positivismo, evoluzionismo, neokantismo. 
						L’insieme variegato di queste sequenze del pensiero non 
						è esposto secondo un semplice ordine “cronologico”, ma 
						anche secondo un ordine “ideologico”, indispensabile per 
						la comprensione generale e contemporanea 
						dell’idea anarchica.
 È evidente, insomma, che le varie parti si integrano e 
						si completano, solo se si tiene sempre presente il 
						principio ispiratore di fondo, dato dall’insopprimibile 
						dialettica libertà-uguaglianza-diversità. È questo 
						principio che tiene unito l’insieme di tali 
						determinazioni, conferendo a loro un significato diverso 
						rispetto a qualsiasi altra impostazione pedagogica. 
						La buona educazione, per riprendere il titolo del 
						volume, si dà attivando contemporaneamente tutte le 
						abilità manuali e intellettuali (sviluppo armonico e 
						psicofisico dell’uomo completo), tutte le componenti del 
						sentimento e della ragione (formazione etica dell’uomo), 
						e a condizione che tali attivazioni siano poste 
						all’interno di un disegno più vasto comprendente la 
						critica incessante del principio di autorità (creazione 
						permanente e inesauribile dell’uomo libero e 
						responsabile). Di qui la complessità del problema 
						educativo proprio dell’anarchismo, il quale deve 
						perseguire il suo scopo considerando che educazione 
						significa formazione e formazione significa, 
						necessariamente, scelta di alcuni modelli e trasmissione 
						di alcuni valori, dato che la libertà, l’uguaglianza e 
						la diversità non sono semplici dimensioni spontanee di 
						un’indifferente crescita del soggetto.
 Lavoro di scavo  Portando ad un grande livello argomentativo questa 
						specifica linea di ricerca e di interpretazione (con un 
						lavoro di scavo e di confronto che non ha precedenti 
						nella storiografia sulla pedagogia anarchica e 
						libertaria), Codello mette a segno un forte risultato 
						speculativo, rinvenibile nella considerazione che 
						ogni teoria anarchica è sempre, contemporaneamente, una 
						riflessione pedagogica: storia e politica (scienza 
						dei mezzi) sono inestricabilmente intrecciate al 
						discorso umanistico sull’uomo (scienza dei fini). Il dover essere (o, meglio ancora, il voler 
						essere) si intreccia senza soluzione di continuità con 
						l’essere. Così, attraverso questa ampia disamina, si 
						vede come la storia dell’anarchismo non sia stata altro 
						che il dispiegarsi di questa progressiva e necessaria 
						consapevolezza, secondo la quale la formazione della 
						coscienza va di pari passo con il complesso problema 
						della trasformazione politica e sociale, dato, per 
						l’appunto, che i due aspetti si implicano 
						vicendevolmente.
 Ciò appare più evidente laddove viene ricostruito il 
						legame che unisce l’azione politica militante alla 
						teoria e prassi pedagogica inerenti alla cultura del 
						movimento operaio. È così esaminata l’esperienza della 
						Prima Internazionale (e il drammatico epilogo della 
						Comune di Parigi), e il significato dell’azione diretta 
						offerta dalle lotte dei sindacalisti rivoluzionari a 
						cavallo tra i due secoli. Il necessitante rapporto tra 
						politica, educazione e cultura è reso più esplicito 
						nella grande impresa teorico-cultural-editoriale offerta 
						dall’Encyclopedie-Anarchiste, mentre la 
						complessità delle relazioni tra la sfera propriamente 
						culturale e quella educativa si ritrova nella poliedrica 
						riflessione politico-ideologica di Luigi Fabbri, uno dei 
						maggiori intellettuali anarchici italiani. Fabbri porta 
						a piena consapevolezza teorica le molteplici questioni 
						connesse ai rapporti dualistici tra scuola statale e 
						scuola libera, tra laicità e religione, tra metodo 
						autoritario e metodo libertario.
 I due decenni che stanno a cavallo tra Otto e Novecento 
						segnano una svolta fondamentale per la storia dell’educazionismo 
						anarchico perché si assiste ad una duplice dialettica: 
						nella misura in cui tende a chiudersi la fase del 
						pensiero anarchico classico si apre quella di una sua 
						possibile traduzione nella concreta esperienza 
						pedagogica.
 L’interesse fondamentale di questo passaggio consiste 
						nella relazione tra ideologia ed educazione quale 
						risultato del rapporto interattivo fra teoria e prassi: 
						meglio ancora, quale diretto tentativo di realizzare 
						l’ideale nella pratica, naturalmente per quel tanto che 
						è possibile.
 L’anarchismo si stempera in libertarismo, ma grazie a 
						questa torsione è possibile trasformare una generica 
						idea educativa in una più precisa concezione pedagogica: 
						l’identità forte (pensiero anarchico classico), si 
						tramuta in un’identità debole (pensiero libertario), 
						contemporaneamente la genericità debole dell’idea 
						educativa, precedentemente agganciata come sola 
						dimensione teorica all’idea forte del pensiero 
						anarchico, si traduce nella specificità forte della 
						pratica pedagogia anarchica, che a sua volta si lega 
						quindi, per contrappasso, alla genericità debole del 
						libertarismo.
 Rapporto fra teoria e prassi 
						 È questa la premessa per capire il rapporto fra 
						teoria e prassi e dunque il significato e l’importanza 
						delle varie esperienze educative create da militanti 
						anarchici e libertari in questo periodo. Siamo qui al 
						centro della ricostruzione codelliana riguardante la 
						seconda parte del volume. Sono analizzate le più 
						importanti e le più significative istituzioni educative: 
						l’orfanotrofio di Cempuis di Paul Robin, la scuola 
						creata da Tolstoj a Jasnaja Poljana, la scuola militante 
						di Louise Michel, la Escuela Moderna di Francisco Ferrer, 
						l’Avenir Sociale di Madeline Vernet, la Ruche di 
						Sebastien Faure, la scuola Ferrer di Losanna di Jean 
						Wintsch, l’asilo scuola moderna razionalista di Clivio.
						È inutile sottolineare la profonda diversità che 
						caratterizza alcune di queste esperienze, basti 
						considerare che esse si svolgono in tempi diversi e in 
						contesti diversi: Russia, Francia, Svizzera, Italia, 
						Spagna; risentono inoltre, fortemente, della personalità 
						e della cultura di chi le anima e le guida, anche se, 
						nello stesso tempo, sono accomunate dal principio 
						ispiratore di fondo, riassumibile nel concetto che 
						l’educazione ai valori della libertà, dell’uguaglianza e 
						della diversità si dà solo attivando simultaneamente 
						la loro idea e la loro pratica, che risultano pertanto 
						quasi sempre interpretati e vissuti nel duplice e 
						indissolubile aspetto di metodo e di fine perché non 
						esiste, nell’anarchismo, un regno dei mezzi staccato 
						dalle finalità ultime.
 Di qui una ricca sequenza di grandi intuizioni, un 
						patrimonio di idee che anticipa alcune linee di fondo 
						della cultura pedagogica alternativa emersa con l’ondata 
						libertaria del ’68. Naturalmente questi tentativi, quasi 
						sempre gravati da una vita difficile (anche per 
						l’avversione del potere costituito), sono pure segnati 
						da molti errori e da molti limiti (basti pensare al 
						forte dogmatismo razionalista e positivista), che 
						l’autore non manca di far rilevare.
 Ulteriori indagini relative alle esperienze educative 
						libertarie in Russia, Portogallo, Germania, Inghilterra 
						e Spagna (con un occhio di riguardo per le ultime due) 
						danno il segno dell’ampiezza della ricerca di Codello, 
						che chiude il volume con l’analisi del pensiero di 
						Alexander Neill e l’originale creazione di Summerhill, 
						quasi a significare che non vi è, a suo giudizio, 
						profonda discontinuità teorica e pratica nella storia 
						della pedagogia anarchica.
 Il lavoro di Codello è senza dubbio il testo più 
						importante e più completo che la storiografia sull’educazionismo 
						anarchico e libertario possa fino a questo momento 
						vantare, sia a livello italiano, sia a livello 
						internazionale. In senso più generale, esso segna un 
						grande risultato della storiografia sull’anarchismo, 
						premiando giustamente un lavoro di anni di ricerca e di 
						riflessione.
  Giampietro Berti 
							  
							
							La buona educazioneEsperienze libertarie e teorie anarchiche in Europa 
							da Godwin a Neill.
 Milano, Franco Angeli, 2005, 700 pp.
 
							
							Il libro si può trovare nelle librerie o può essere 
							richiesto direttamente all’autore al seguente 
							indirizzo: Francesco Codello, via I. Nievo 5/A, 31100 TREVISO 
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