Ma quale complotto borbonico!
Intervista di F.P. a Giuseppe Galzerano foto di Gianluca Chinnici

Lo scorso 29 luglio ricorreva il primo centenario dell'attentato di Monza. Se ne sono lette e sentite di tutti i colori. Ne parliamo con un esperto di quegli eventi.

 

Giuseppe Galzerano sta lavorando alla seconda edizione del suo libro: Gaetano Bresci - la vita, l'attentato, il processo, la condanna e la morte del regicida anarchico. Siamo stati a trovarlo nel suo piccolo paese, Casalvelino Scalo, in una casa. È alle battute finali di questo nuovo lavoro e si muove tra il computer e tra vecchi libri, giornali, fotocopie, appunti e varia documentazione. La casa editrice dal 1975 pubblica libri sull'anarchismo, sul movimento operaio, sull'emigrazione, sull'antifascismo e Giuseppe Galzerano è autore di testi su Carlo Pisacane, sull'attentato di Giovanni Passannante, sull'anarchico Vincenzo Perrone, un salernitano morto per la libertà della Spagna, su Antonio Galotti, che combatté nella rivolta del Cilento del 1828.

Da quando t'interessi di Bresci?

Cominciai nel 1970, avevo 17 anni. Su Bresci lessi il libro di Arrigo Petacco, un saggio di Armando Meoni su una rivista di Prato, una compagna francese mi scrisse d'essere in contatto con le figlie di Bresci, che stavano in America, ma delle quali purtroppo allora non pensai di farmi dare gli indirizzi. Nell'88 pubblicai il mio libro che ha avuto un discreto successo di pubblico e di critica. Per il centenario pensavo di fare una seconda edizione, ma poi ho cominciato a fare una nuova ricerca, a girare per gli archivi, così un documento tira l'altro e il mio libro è cresciuto notevolmente. Siamo sulle settecento pagine... All'Archivio di Milano ho consultato i fascicoli processuali, fascicoli che erano scomparsi e che sono da pochi anni disponibili: sono 6 voluminose cartelle, per un totale di circa 10.000 fogli. Mentre lo consultavo pensavo di essere stato più fortunato dell'avv. Francesco Saverio Merlino, che ebbe la nomina di difensore del regicida solo due giorni prima, chiese un rinvio, che non fu accordato ed ebbe pochissimo tempo per vedere le carte processuali. Ho fatto ricerche agli archivi di Roma e di Napoli, trovando moltissimo materiale inedito. Ho trovato "frammenti" di Bresci qui e là: delle sue lettere al Museo Criminologico di Roma, delle foto fatte da Bresci al Museo Nazionale dei Carabinieri. Preziosa poi mi e stata la collaborazione dell'Archivio Berneri-Chessa di Reggio Emilia, del CIRA di Losanna, dell'Istituto di Storia Sociale di Amsterdam e di molti altri compagni e compagne che - su mia segnalazione - sono riusciti a rintracciare giornali ed opuscoli del tempo.

Anche i giornali anarchici italo-americani?

Sì, ho consultato L'Aurora, La Questione Sociale, Cronaca Sovversiva, testate anarchiche di difficile reperibilità in Italia. Ho riportato stralci del dibattito sul regicidio, sulla realtà del movimento anarchico in America a cavallo tra '800 e '900, testimonianze del lavoro dei compagni emigrati, anche relazioni di infiltrati, che ne documentano l'attività. Riporto quasi integralmente gli interrogatori subiti dagli anarchici italo - americani a Paterson, questa cittadella che dalla stampa veniva definita la "capitale dell'anarchia" e dove effettivamente c'era una folta presenza anarchica, se tu pensi che La Questione Sociale era un settimanale di grande tiratura: si parlava di 15.000 copie!

Perché una seconda edizione del tuo libro?

Innanzitutto perché era esaurito e continuavo ad avere delle richieste. Poi per ricordare il sacrificio e l'abnegazione di Bresci, ma anche perché ci sono molte congetture e montature su Bresci.

Novità storiografiche dalla nuova ricerca?

Innanzitutto la conferma che Bresci agì da solo e non vi fu nessun complotto né anarchico né borbonico per giustiziare il re d'Italia.

Ma Arrigo Petacco nel suo libro...

Mi spiace per Petacco che rilancia la tesi del complotto. Una tesi che allora, con tutta la loro buona e cattiva volontà, non riuscirono a dimostrare nemmeno gli inquirenti! Petacco fa una serie di errori: a partire dalla data di nascita di Bresci, poi sostiene che tornò in Italia sotto falso nome. Non è vero, ho visto la lista dei 67 passeggeri, partiti da New York il 17 maggio 1900 con Il Guascogne e sbarcati a Le Havre. Bresci è segnato con nome e cognome al n. 36. Poi parla di un certo Granotti che avrebbe dovuto sparare se Bresci fosse venuto meno. Anche questa fu una montatura poliziesca e il povero Granotti riuscì a ritornare in America, sfuggendo alla cattura. Fu processato contumace, in seguito alle accuse estorte con la tortura ad un suo cugino di Biella, che ritrattò tutto subito rifugiandosi in Argentina. Inoltre i consolati italiani in America pagavano con cento dollari chiunque fornisse notizie su Luigi Granotti e venne segnalato contemporaneamente a Shanghai e a New York, a Buenos Aires e a Londra, e così via. Anzi ci fu chi ne fece una professione: cambiando di volta in volta nome si presentava ai vari consolati, riferiva e incassava. Granotti non venne mai preso, come si era augurato in un bellissimo articolo del 1902 Luigi Galleani. Ho scoperto che è morto nel 1949 negli Stati Uniti - dove visse sotto falso nome senza essere molestato dalla polizia e all'anagrafe del suo paese non sanno nulla. Senza volerlo sono stato un po' un "detective" della storia...Ho potuto consultare il suo fascicolo e numerosi altri fascicoli di persone che vennero implicate e ricostruire vari interessanti percorsi umani e politici.

E il povero Bresci come morì?

Fu un suicidio di stato, avvenuto nel penitenziario di Santo Stefano. Questo si capisce subito e lo si capì anche allora. Bresci era il detenuto più sorvegliato d'Italia e nelle sue condizioni era impossibile non solo tentare ma pensare il suicidio. Le prime versioni furono contraddittorie, si parlò di un fazzoletto (immaginarsi un po'!...), di un asciugamano, del lenzuolo. Ma poi i giornali, che pubblicavano le veline del ministero, scrissero un barlume di verità: il cadavere puzzava. Il che significa che era stato strangolato alcuni giorni prima della data ufficiale. Non solo, ma metto in dubbio anche la data di morte, perché secondo una testimonianza che ho trovato sarebbe avvenuta prima. Poi, grazie ad un'altra testimonianza, faccio il nome dell'ergastolano che materialmente compì l'assassinio di Bresci e fu premiato con la grazia reale, mentre il direttore del carcere fece carriera e il suo stipendio passò da 4.500 a 9.500 lire. Più di un raddoppio.

E il complotto borbonico del quale parla Petacco?

Nemmeno questa ipotesi è nuova... Ne aveva già parlato Benedetto Croce nel 1926 scrivendo che nel 1904 un giornalista filoborbonico era venuto in Italia - su incarico di Maria Sofia - per liberare Bresci. Attenzione alla data: si può liberare un detenuto che è stato ucciso tre anni prima? E poi perché un giornalista e non, che so, un generale o un esperto? Un giornalista scrive, liberare qualcuno significa anche combattere... Siamo ad una confusione di ruoli. Questa congettura cade subito. E già allora Errico Malatesta, che venne chiamato in causa anche dalla stampa comunista, rispose con un articolo uscito su Il Risveglio di Ginevra dando della "lavandaia" a Benedetto Croce. Che poi la regina avesse addirittura organizzato l'attentato... Beh, sostenere questo significa non conoscere gli anarchici, la loro straordinaria indipendenza, la loro assoluta non ubbidienza, la loro convinta avversione all' istituto monarchico. D'altra parte l'ex regina di Napoli non poteva avere nessun interesse dinastico, non aveva figli e il marito era morto nel 1894... Mi sembra poi pacifico che un anarchico non ha interesse a sostenere una dinastia o un'altra, che il trono sia occupato da una casata o da un'altra non lo riguarda, perché è contrario a tutte le monarchie.

Il 29 luglio scorso è caduto il primo centenario del regicidio. Che cosa ha rappresentato quel fatto nella storia del nostro Paese?

Innanzitutto una svolta politica e sociale di grande portata. È vero che morto un papa se ne fa un altro e difatti al trono salì il figlio di Umberto, ma il fatto che raccolse la corona nel sangue paternò gli fu di grande insegnamento. Abbandonò la politica repressiva e reazionaria del padre, l'Italia divenne un paese un po' - se mi è consentito il termine - più democratico proprio grazie alle tre revolverate di Bresci. Non solo, ma quel violento scossone all'istituto monarchico, contribuì - insieme con Passannante e con altri - a far diventare nel 1946 il regno una repubblica. Una repubblica che purtroppo ha dimenticato i precursori che hanno sacrificato la propria vita a questo obiettivo...

 

Si associa il tirannicidio a Bresci ed agli anarchici. Invece...

Invece il tirannicidio non è stato introdotto nella lotta politica dagli anarchici. Nella storia dell'umanità e delle lotte dell'uomo per la libertà è stato praticato fin dai tempi dei greci e questi uomini coraggiosi sono stati sempre esaltati dalla cultura del tempo. Anche la chiesa ha predicato e giustificato il regicidio! Per non andare troppo lontano nel tempo, quando nel 1860 Garibaldi arriva a Napoli, uno dei suoi primi atti fu un decreto nel quale riconosceva una pensione di 30 ducati mensili alla madre di Agesilao Milano e alle due sorelle una dote di duemila ducati. Agesilao Milano fu un soldato calabrese di origini albanesi che nel 1856 attentò alla vita del re di Napoli e fu enormemente celebrato ed esaltato dai monarchici piemontesi. L'Italia è spesso un paese schizofrenico: come mai un regicidio è "buono" e un altro è "cattivo"? Queste distinzioni non hanno senso. D'altronde Bresci dichiarò chiaramente che volle colpire unicamente il re, individuando nella figura del re il massimo responsabile della miseria, della fame, dell'emigrazione, delle cannonate di Bava Beccaris...

Il tuo prossimo lavoro?

Ancora "attentati"... Riprenderò un vecchio progetto sugli attentati anarchici contro Mussolini e comincerò da quello di Bologna, attribuito ad Anteo Zamboni, un quindicenne vigliaccamente linciato dalle camice nere e i genitori condannati a 30 anni di carcere... Poi verrà l'attentato di Angelo Sbardellotto. Ho già raccolto molto materiale e devo solo mettermi a scrivere. Spero di poter uscire l'anno prossimo.

F.P.

 

Il libro "Gaetano Bresci La vita, l'attentato, il processo, la condanna e la morte del regicida anarchico" di Giuseppe Galzerano può essere richiesto all'editore Galzerano 84040 Casalvelino Scalo SA tel. e fax 0974-62028