Buddhismo         vedi anche: Buddhismo storico

Religione (termine, questo, che molti giudicano improprio, se riferito al Buddhismo  vedi: Religione) universale a carattere salvifico-liberatorio, fondata sulla predicazione del Buddha. Assume connotazioni varie secondo le zone di diffusione. E’ una delle più grandi religioni del mondo perché pone come elementi essenziali dell’esperienza religiosa le tematiche del destino dell’uomo e il problema dell’angoscia, del dolore, della precarietà dell’esistenza umana, proponendo una sua originale via di superamento e di liberazione, fondamentalmente più filosofica che religiosa.

Il budda
Nato verso il 465 a.C. da una ricca famiglia degli Shakya, una stirpe che dominava il paese e che aveva come capostipite leggendario il re Okkava. Figlio di un raja, cioè di un capo eletto dai maggiorenti cui è affidato il potere di governare, gli viene imposto il nome di Siddharta ("quegli che ha raggiunto l’
illuminazione") o di Gautama (l’appartenente al ramo _ gotra_ degli Shakya), ma in seguito sarà indicato con altri appellativi sui quali emerge quello di Buddha che significa : l’Illuminato, il Risvegliato.
Fu allevato in mezzo alle comodità e ad lusso principesco, si sposò ed ebbe anche un figlio. Tuttavia, nonostante le precauzioni del padre, anche lui incontrò le miserie umane: un vecchio, un cadavere, un mendicante. Questi tristi realtà della vita lo impressionarono profondamente. Desideroso di conoscere le cause della miseria presente nel mondo, a circa 30 anni abbandonò tutto e tutti per condurre vita eremitica alla ricerca di una soluzione dell’enigma della vita.
Insoddisfatto delle risposte di altri maestri, dopo digiuni estenuanti, capì che la conoscenza della salvezza poteva trovarla solo nella meditazione personale. Abbandonò le mortificazioni eccessive e a 35 anni, dopo quarantanove giorni di riflessione ai piedi di un albero di fico, in una notte di luna piena del mese di maggio, raggiunse l’illuminazione. Comprese le Quattro nobili verità: sul dolore, sull’origine del dolore, sulla soppressione del dolore, sulla via che porta alla soppressione del dolore. Animato da profonda pietà per gli uomini e dal desiderio di salvarli, si diresse verso Benares seguito da cinque discepoli affascinati dalla bellezza della sua dottrina e percorse per oltre quarant’anni il Nord dell’India insegnando e predicando il suo messaggio di speranza e di felicità che si raggiunge non come dono dalla grazia di Dio ma come conquista del proprio intelletto e della propria volontà; anche perché su Dio, Buddha preferì tacere. Secondo le tradizione Buddha morì all’età di 80 anni, circondato dai suoi seguaci, tra i quali il discepolo prediletto Ananda, al quale lasciò le sue ultime disposizioni. Prima di spirare, rivolgendosi ai discepoli disse: "Ricordate, o fratelli, queste mie parole: tutte le cose composte sono destinate a disintegrarsi! Attuate con diligenza la vostra propria salvezza!"
Con la morte di Buddha, datata al 486 a.C., inizia il vero cammino del buddhismo come movimento religioso.

Dottrina
La dottrina buddhista si fonda sulle Quattro Nobili Verità, che Buddha comprese sotto l’albero della Bodhi (=illuminazione), e sugli strumenti pratici attraverso i quali ogni discepolo può realizzare la liberazione dal dolore-esistenza, cioè l’Ottuplice Sentiero che porta alla meta salvifica.
Per realizzare le quattro Sante Verità (sul dolore, sull’origine del dolore, sulla soppressione del dolore, sulla via che porta alla soppressione del dolore) il discepolo deve passare dalla sua condizione di ignoranza a quella di conoscenza liberatrice attraverso una via lunga e difficile.
La verità sul dolore fa emergere il carattere negativo dell’esistenza nella sua condizione fluttuante dalla nascita alla malattia, alla vecchiaia e alla morte. Distruggere il dolore, l’esistenza, il
samsara (il circolo della vita; sam = girare intorno; nascita-morte-rinascita) e pervenire alla consapevolezza delle Quattro Verità.
La prima Verità fa prendere coscienza che la nascita è dolore, la malattia è dolore, la vecchiaia è dolore, la morte è dolore, la separazione da ciò che si ama è dolore, l’impossibilità di soddisfare i propri sensi è dolore.
La seconda Verità insegna che il dolore ha origine nella sete del piacere, nella sete dell’esistenza, nell’attaccamento agli esseri e alle cose.
La terza Verità insegna che la sete dell’esistenza può essere soppressa distruggendo totalmente il desiderio, rinunciandovi: si raggiunge così il Nirvana.
La quarta Verità spiega in che modo si può spegnere la sete dell’esistenza.
Ogni fenomeno sensibile ha una causa, che a sua volta è l’effetto di una causa interiore: perciò è condizionato e dipendente. Allo stesso modo ogni condizione di vita è assoggettata a tutte le cause che la precedono nella catena e a tutte le cause che la seguono; di essa si può solo affermare l’impermanenza, il carattere di precarietà e di transitorietà. E’ solo la fase del divenire. La stessa legge di condizionamento si applica ai fenomeni della coscienza e alla personalità: ogni individuo ha delle predisposizioni, vale a dire è condizionato dalla catena delle cause, dal flusso dell’esistenza (la catena nascita - morte =
samsara). Egli è formato da anima e coscienza, che non sono mai separabili e sono composti da cinque gruppi di aggregati o fenomeni:
1° rupa, la parte corporea o sensibile;
2° vedana, la sensazione di piacere e di dolore;
3° samjna, la
percezione, la rappresentazione;
4° sankhara; le predisposizioni, le forze attive ed elementari che si originano dal karma (la legge di causa e d'effetto) e determinano la vita;
5° dijnana, la coscienza.

Dunque, dopo il faticoso cammino della presa di coscienza delle tre Verità, la quarta Verità indica al discepolo la via da raggiungere per raggiungere la salvezza, il Nirvana (=estinzione), inteso come totale liberazione dal dolore e dalla catena delle esistenze. Gli strumenti o l’Ottuplice Sentiero sui quali si fondano l’etica e le tecniche acetiche buddhiste sono:
1. la Retta Fede, cioè l’incondizionata adesione alle Quattro Verità;
2. la Retta Risoluzione, cioè l’impegno a tenere lontano da sé ogni desiderio, odio o malizia;
3. la Retta Parola, cioè l’astensione dalle parole false;
4. la Retta Azione, cioè l’astensione dall’uccidere esseri viventi, dal furto e dall’adulterio;
5. il Retto Comportamento di vita, cioè la pratica di tutte le norme che riguardano l’agire;
6. il Retto Sforzo, cioè la volontà di incrementare le qualità buone;
7. il Retto Ricordo, cioè la condizione della mente priva di confusione che aiuta a perseverare nella via di salvazione e a non cedere ai desideri;
8. la Retta Concentrazione, cioè il raccoglimento della mente che disperde la falsa concentrazione e porta allo stato di abolizione della coscienza e della non-coscienza.
La liberazione quindi non dipende soltanto dalla conoscenza dell’ignoranza, ma anche dall’osservanza delle norme (sila) di comportamento.

fonte:
www.ica-net.it/pascal/religioni/index.htm
 

Dal sito della gakkai italiana www.sgi-italia.org
"Crediamo che il Buddismo di Nichiren Daishonin, una filosofia umanistica caratterizzata da infinito rispetto per la sacralità della vita e da una compassione universale, metta gli individui in grado di coltivare e sviluppare la loro intrinseca saggezza e, nutrendo la creatività dello spirito umano, li renda capaci di superare le difficoltà e le crisi cui l'umanità si trova di fronte, e di realizzare una società di pacifica e prospera coesistenza"
.
L'indirizzo Soka Gakkai ha acquisito, insieme allo Zen e ad altre scuole buddhiste, una certa notorietà anche in Occidente, dove ormai da alcuni decenni l'interesse per questa religione si esprime sia nel rinnovato fervore di studi, condotti soprattutto in chiave di accostamento comparativo con la tradizione filosofica europea, sia in forme di adesione più o meno ufficiale, limitate comunque a cerchie alquanto ristrette.

 

Nato verso il 465 a.C. da una ricca famiglia degli Shakya, una stirpe che dominava il paese e che aveva come capostipite leggendario il re Okkava. Figlio di un raja, cioè di un capo eletto dai maggiorenti cui è affidato il potere di governare, gli viene imposto il nome di Siddharta ("quegli che ha raggiunto l’illuminazione") o di Gautama (l’appartenente al ramo _ gotra_ degli Shakya), ma in seguito sarà indicato con altri appellativi sui quali emerge quello di Buddha che significa : l’Illuminato, il Risvegliato.

Fu allevato in mezzo alle comodità e ad lusso principesco, si sposò ed ebbe anche un figlio. Tuttavia, nonostante le precauzioni del padre, anche lui incontrò le miserie umane: un vecchio, un cadavere, un mendicante. Questi tristi realtà della vita lo impressionarono profondamente. Desideroso di conoscere le cause della miseria presente nel mondo, a circa 30 anni abbandonò tutto e tutti per condurre vita eremitica alla ricerca di una soluzione dell’enigma della vita.

 

Insoddisfatto delle risposte di altri maestri, dopo digiuni estenuanti, capì che la conoscenza della salvezza poteva trovarla solo nella meditazione personale. Abbandonò le mortificazioni eccessive e a 35 anni, dopo quarantanove giorni di riflessione ai piedi di un albero di fico, in una notte di luna piena del mese di maggio, raggiunse l’illuminazione. Comprese le Quattro nobili verità: sul dolore, sull’origine del dolore, sulla soppressione del dolore, sulla via che porta alla soppressione del dolore. Animato da profonda pietà per gli uomini e dal desiderio di salvarli, si diresse verso Benares seguito da cinque discepoli affascinati dalla bellezza della sua dottrina e percorse per oltre quarant’anni il Nord dell’India insegnando e predicando il suo messaggio di speranza e di felicità che si raggiunge non come dono dalla grazia di Dio ma come conquista del proprio intelletto e della propria volontà; anche perché su Dio, Buddha preferì tacere. Secondo le tradizione Buddha morì all’età di 80 anni, circondato dai suoi seguaci, tra i quali il discepolo prediletto Ananda, al quale lasciò le sue ultime disposizioni. Prima di spirare, rivolgendosi ai discepoli disse: "Ricordate, o fratelli, queste mie parole: tutte le cose composte sono destinate a disintegrarsi! Attuate con diligenza la vostra propria salvezza!"

Con la morte di Buddha, datata al 486 a.C., inizia il vero cammino del buddhismo come movimento religioso.

 

Tralasciando la storia, peraltro marginale, del primo periodo che vide contrapporsi tra loro alcuni "santi", tanto da far nascere la necessità di indire concili al fine di fissare la dottrina e le regole del maestro, la figura che emerge è quella del re Asoka, della dinastia Maurya, che per l’efficacia della sua azione sul Buddhismo, fu chiamato "colui che, per secondo, mise in moto la Ruota della Legge".

Fu Asoka a far diventare il Buddhismo, da setta polemica e riformatrice del brahmanesimo, a religione universalistica. Il suo insegnamento si basava sulla pratica della pietà verso il popolo a praticare le virtù naturali, il rispetto per la vita, la devozione verso i genitori, gli anziani e i maestri, l’amore per la verità, il rifiuto della violenza. Fu egli stesso modello semplice di un’alta religiosità innestata nella sua vita, nel suo agire, nel suo governare. Le sue parole di amore e di fiducia pervennero in tutta l’India grazie a iscrizioni su roccia divenute celebri. Famosi sono i 24 editti su roccia e le 7 iscrizioni su pilastri. Ma la diffusione fu incrementata anche dall’efficace macchina organizzativa che egli aveva predisposto in tutto l’impero: i funzionari provinciali avevano l’obbligo di istruire la popolazione nella religione, i "Censori della Legge di Pietà" regolavano tutti i casi di manifesta violenza alla libertà delle persone, i "Censori di Donne" difendevano la morale femminile e i missionari portavano la dottrina nello Sri Lanka, in Egitto, a Cirene, nell’Epiro e in Macedonia. Si può affermare che Asoka sia stato il primo al mondo a tentare di realizzare una forma di proselitismo universale, spinto dal suo profondo senso religioso della vita e della fratellanza che provava per tutti gli uomini.

Nei quattro secoli che intercorrono fra la morte di Asoka e il 100 d.C., il Buddhismo si estende nel Nord dell’India e successivamente in Cina. Tra il 125 e il 144 d.C., re Kaniska, oltre a sollecitare la composizione dei commentari alla scritture canoniche, curò la costruzione di mirabili edifici culturali, tra i quali la famosa stupa (=tomba cupoliforme dei sovrani e dei santi, reliquario delle loro ceneri) di Pashawar e indisse il quarto concilio buddista per discutere i punti dottrinali della corrente Hinayana o "Piccolo Veicolo", che si contrappone al Mahayana o "Grande Veicolo". Il fatto nuovo è il sorgere e lo svilupparsi del Mahayana, dottrina salvifica offerta a tutti gli uomini. Nel secolo IV-V d.C., la scissione tra le due correnti buddhistiche non aveva però raggiunto le forme di intolleranza che appariranno nei secoli successivi.

Gli insegnamenti del "Grande Veicolo" sono contenuti nella "Scrittura del Loto" che offre la salvezza a tutti coloro che invocano con fede il misericordioso Buddha, mentre il "Piccolo Veicolo" riservava la salvezza solo ai monaci.

Nel secolo VI d.C., il Buddhismo si impose anche nel Tibet, dove in breve tempo divenne la religione ufficiale. I monasteri buddhisti divennero i centri del potere nella vita del paese. I superiori dei monasteri sono i "Lama" ed hanno per capi il Dalai-Lama e il Panchen-Lama.

 

Nel corso dei secoli, fino a noi, il Buddhismo ha conservato la sua validità dottrinale e conta centinaia di milioni di adepti in molte parti del mondo.

In Cina e nel Tibet, nonostante il regime comunista, non si può affermare che non esistano più buddhisti.

 

La dottrina buddhista si fonda sulle Quattro Nobili Verità, che Buddha comprese sotto l’albero della Bodhi (=illuminazione), e sugli strumenti pratici attraverso i quali ogni discepolo può realizzare la liberazione dal dolore-esistenza, cioè l’Ottuplice Sentiero che porta alla meta salvifica.

Per realizzare le quattro Sante Verità (sul dolore, sull’origine del dolore, sulla soppressione del dolore, sulla via che porta alla soppressione del dolore) il discepolo deve passare dalla sua condizione di ignoranza a quella di conoscenza liberatrice attraverso una via lunga e difficile.

La verità sul dolore fa emergere il carattere negativo dell’esistenza nella sua condizione fluttuante dalla nascita alla malattia, alla vecchiaia e alla morte. Distruggere il dolore, l’esistenza, il samsara (il circolo della vita; sam= girare intorno; nascita-morte-rinascita) e pervenire alla consapevolezza delle Quattro Verità.

La prima Verità fa prendere coscienza che la nascita è dolore, la malattia è dolore, la vecchiaia è dolore, la morte è dolore, la separazione da ciò che si ama è dolore, l’impossibilità di soddisfare i propri sensi è dolore.

La seconda Verità insegna che il dolore ha origine nella sete del piacere, nella sete dell’esistenza, nell’attaccamento agli esseri e alle cose.

La terza Verità insegna che la sete dell’esistenza può essere soppressa distruggendo totalmente il desiderio, rinunciandovi: si raggiunge così il Nirvana.

La quarta Verità spiega in che modo si può spegnere la sete dell’esistenza.

Ogni fenomeno sensibile ha una causa, che a sua volta è l’effetto di una causa interiore: perciò è condizionato e dipendente. Allo stesso modo ogni condizione di vita è assoggettata a tutte le cause che la precedono nella catena e a tutte le cause che la seguono; di essa si può solo affermare l’impermanenza, il carattere di precarietà e di transitorietà. E’ solo la fase del divenire. La stessa legge di condizionamento si applica ai fenomeni della coscienza e alla personalità: ogni individuo ha delle predisposizioni, vale a dire è condizionato dalla catena delle cause, dal flusso dell’esistenza (la catena nascita-morte=samsara). Egli è formato da anima e coscienza, che non sono mai separabili e sono composti da cinque gruppi di aggregati o fenomeni:

1° rupa, la parte corporea o sensibile;

2° vedana, la sensazione di piacere e di dolore;

3° samjna, la percezione, la rappresentazione;

4° sankhara; le predisposizioni, le forze attive ed elementari che si originano dal karma (la legge di causa e d'effetto) e determinano la vita;

5° dijnana, la coscienza.

Dunque, dopo il faticoso cammino della presa di coscienza delle tre Verità, la quarta Verità indica al discepolo la via da raggiungere per raggiungere la salvezza, il Nirvana (=estinzione), inteso come totale liberazione dal dolore e dalla catena delle esistenze. Gli strumenti o l’Ottuplice Sentiero sui quali si fondano l’etica e le tecniche acetiche buddhiste sono:

1. la Retta Fede, cioè l’incondizionata adesione alle Quattro Verità;

2. la Retta Risoluzione, cioè l’impegno a tenere lontano da sé ogni desiderio, odio o malizia;

3. la Retta Parola, cioè l’astensione dalle parole false;

4. la Retta Azione, cioè l’astensione dall’uccidere esseri viventi, dal furto e dall’adulterio;

5. il Retto Comportamento di vita, cioè la pratica di tutte le norme che riguardano l’agire;

6. il Retto Sforzo, cioè la volontà di incrementare le qualità buone;

7. il Retto Ricordo, cioè la condizione della mente priva di confusione che aiuta a perseverare nella via di salvazione e a non cedere ai desideri;

8. la Retta Concentrazione, cioè il raccoglimento della mente che disperde la falsa concentrazione e porta allo stato di abolizione della coscienza e della non-coscienza.

La liberazione quindi non dipende soltanto dalla conoscenza dell’ignoranza, ma anche dall’osservanza delle norme (sila) di comportamento.

 

Gli esseri celesti

Un Bodhisatva ("esistenza illuminata") è un essere spirituale che, in una delle sue esistenze, ha incontrato un Buddha e, rimasto colpito dalla sua grandezza, ha scelto di continuare il ciclo di rinascite per aiutare gli altri, prima di diventare un Buddha completo e passare nel Nirvana (il Buddha storico è stato un Bodhisatva).

I Bodhisatva sono oggetto di grande devozione soprattutto nel Buddhismo Mahayana.

 

Le norme morali prescritte riguardano la Retta Parola, la Retta Azione, il Retto Comportamento. Sono rivolte principalmente ai monaci che intendono praticare l’ascesi per raggiungere la salvezza. Sono però estensibili ai laici che intendono porre a motivi fondamentali della loro vita la tolleranza e l’amore.

La sostanza del sistema di norme morali destinate ai laici è contenuta in 10 precetti:

1. Eliminare i quattro cattivi elementi (la distruzione della vita, il prendere il non dato, il non retto comportamento per brama, il dire menzogna).

2. Non compiere le quattro operazioni dannose (il vivere nella passione, il vivere nell’ira, il vivere nel torpore, il vivere nella paura).

3. Eliminare le sei fonti del piacere (uso di bevande alcoliche, frequentare le strade in tempo inopportuno, partecipare a feste, dedicarsi supinamente e abitualmente ai giochi, coltivare cattive compagnie, vivere pigramente).

4. Eliminare, con le sei fonti del piacere, di cui sopra, i sei danni che ne derivano.

5. Onorare le regioni spaziali, delle quali la prima è il Levante. Si onora il Levante rispettando il padre e la madre, sostituendoli nelle loro incombenze, conservando le tradizioni di famiglia, accudendo all’eredità.

6. Si onora il Ponente rispettando la propria moglie, non sospettandola, non tradendola, non concedendole autorità, provvedendola di ornamenti.

7. Si onora il Settentrione onorando gli amici con doni, con cortesi parole, con l’agire a loro vantaggio, con imparzialità e onestà.

8. Si onora il Mezzogiorno mantenendosi devoto al proprio maestro (bonzo), il quale si mostrerà grato comunicando la propria dottrina.

9. Si onora il nadir (il punto della sfera celeste opposto allo zenit) onorando i servi e gli operai col distribuire loro il lavoro secondo le loro forze, col dare loro cibo e stipendio, col curarli se ammalati, col concedere loro, a tempo debito, la libertà.

10. Si onora lo zenit onorando asceti e bramani, con amichevole comportamento nelle opere, nelle parole, nei pensieri, nel tener loro aperta la porta e provvedendo alla loro vita.

 

I precetti morali riguardanti i monaci sono molto più complessi e rigidi. Includono, tra l’altro, l’assoluto rispetto dell’astinenza sessuale e l’evitare ogni rapporto sentimentale-affettivo per realizzare la condizione di purezza e solitudine, nella libertà da ogni legame.

Il discepolo è al centro di un regime di vita che deve essere tollerante attraverso gli impegni interiori delle Quattro Verità, dell’Ottuplice Sentiero, delle tecniche di meditazione. Tutto il resto non deve essere preso in considerazione.

 

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Nata in India, è la religione dominante nell’Asia sud-orientale in paesi come Sri Lanka, Birmania, Laos, Thailandia, Cambogia. Ma costituisce pure una delle più grandi forze religiose in Cina, Giappone, Tibet.

Negli ultimi tempi ha raggiunto qualche isola del Pacifico e alcune zone dell’America.

 

Stime ufficiali della diffusione del buddhismo nel mondo

In tutto il mondo i buddisti sono circa 300 milioni.

Le cifre indicano il numero di individui di fede buddhista in ogni stato.

Bangladesh 752.040

Bhutan 602.000

Brunei 39.424

Cambogia 9.865.750

Cina 650.000.000 (stima non ufficiale)

Corea del Nord 16.997.583

Corea del Sud 12.775.840

Giappone 48.300.130

India 7.000.000

Indonesia 1.995.440

Laos 2.967.860

Malaysia 3.700.390

Macao (colonia portoghese) 399.000

Myanmar (Birmania) 40.735.140

Mongolia 2.120.400 (lamaisti)

Nepal 1.671.072

Singapore 993.288

Sri Lanka 13.026.774

Taiwan 9.294.880

Thailandia 57.571.900

Viet Nam 41.318.200

 

Diffusione in Occidente.

In Occidente il buddhismo è conosciuto soprattutto nella sua forma tibetana, a causa dell’esodo dei Lama tibetani in Europa e America, e nella sua forma Zen che, però, nel modo in cui è praticato in Occidente, si discosta dal campo religioso, in quanto permette la scoperta della propria interiorità, ma non apre l’uomo al divino.

 

L’insegnamento di Buddha all’inizio fu tramandato oralmente. I frammenti scritti più antichi si trovano in monumenti di pietra innalzati dal pio grande re Asoka verso il 250 a.C..

In seguito, per le molte controversie ed eresie dottrinali sorte nel movimento, furono indetti vari concili per fissare per iscritto la dottrina dell’Illuminato.

Il Canone (cioè l’elenco ufficiale dei testi sacri) fu redatto in lingua pali (dialetto sanscrito) nel I secolo a.C., sotto il re di Ceylon, Vattagamani. Il Tripitaka (letteralmente: i tre canestri, perchè gli scritti di pergamena erano raccolti entro canestri) o triplice Canone delle Scritture buddhiste si compone di tre raccolte:

1. Vinaya-Pitaka o canestro della Disciplina della comunità che contiene le 227 regole o sutta riguardanti i rapporti economici e le modalità di vita dei monaci (vestiti, cibi, abitazioni, ecc.)

2. Sutta-Pitaka comprende le regole e la dottrina esposta da Buddha. E’ il canestro più importante, redatto in forma di discorsi, dialoghi, poesie. E’ diviso, a sua volta, in cinque nikaya (=raccolte):

- Digha-Nikaya o raccolta dei discorsi lunghi, attraverso i quali Buddha espone il suo insegnamento dottrinale;

- Majjhima-Nikaya o raccolta delle esposizioni medie. Sono 152 regole nelle quali Buddha sviluppa temi fondamentali della dottrina e della pratica, polemizza contro le pratiche ascetiche crudeli dei giaina e dichiara la possibilità di raggiungere il Nirvana da parte dei laici;

- Samyutta-Nikaya o raccolta delle esposizioni combinate. Sono 2889 regole. Ha particolare interesse dottrinale perché tratta delle Quattro Verità e contiene il celebre discorso di Benares;

- Anguttara-Nikaya o raccolta secondo il numero crescente: comprende 2308 sutta o regole. Sono per lo più citazioni;

- Kuddara-Nikaya o raccolta e i piccoli brani. Contiene 15 testi di varia epoca riferiti a Buddha e al culto.

3. Abidhamma-Pitaka e il Paritta (che è il canestro meno antico): è un’esposizione della dottrina metafisica secondo il metodo scolastico-mnemonico. E’ redatto in forma di catechismo, con domande e risposte, ordinate secondo classificazioni logico-numeriche. La raccolta è divisa in sette trattati. Il Paritta, cioè la raccolta di 28 regole, tratta di poteri magici, divinatori e astrologici. E’ molto diffuso a livello popolare.

 

 

L’arte buddhista in India originò gli antichi monumenti religiosi del periodo Maurya (320-185 a.C.), gli stupa, i templi-grotta e altre opere architettoniche e iconografiche (mandala, ecc.). In questi monumenti, sono innumerevoli i bassorilievi e le sculture. Le figure rappresentate, morbide e slanciate, sono animate dalla quiete della vita interiore e sono estranee all’idea di violenza. Esse convergono verso lo spazio sacro dove è rappresentato il Buddha.

Alcuni stupa, antichi tumuli di sepoltura contenenti le reliquie di re o di eroi e poi di figure indicative del primo Buddhismo, divennero mete di pellegrinaggio e furono ricoperti da lastre raffiguranti la vita del Buddha. Gli stupa si trasformarono nei chortem in Tibet, nelle pagode in Cina e in Giappone.