Il resto di niente     di Antonietta De Lillo


La mostra d’arte cinematografica di Venezia ci regala con Il resto di niente una pellicola assolutamente partenopea e di grande intensità, realizzata della regista Antonietta De Lillo, già apprezzata per Promessi sposi, straordinaria storia intima non manzoniana, e Non è giusto, solare film dalla parte dei ragazzi.  Questa volta lo scenario è la Napoli dell’anno 1799, nei sei mesi della Repubblica che ha visto tanti italiani accorrere e morire per la libertà: Cirillo, Russo, Pagano, Cuoco. Determinante contributo a quell’esperienza viene da Eleonora Pimentel Fonseca, portoghese e nobile di nascita, ma innamorata della libertà. Lei – prima donna in questo campo - dirigerà il “Monitore”, quotidiano di quei giorni, foglio che non rinuncia a denunciare le violenze e le prepotenze dei borbonici. Sua la scelta di coinvolgere i burattinai e gli attori di strada per spiegare ad un popolo secolarmente analfabeta le ragioni della rivoluzione. La sensibilità e il coraggio, la passione per un mondo che potesse riscattare gli oppressi senza rinunciare all’uguaglianza e alla libertà, lo sguardo e l’umanità di Eleonora, la sua vita tormentata, ci guidano in quei giorni e tra quegli avvenimenti, con la superlativa interpretazione di Maria De Medeiros. Il patibolo soffocherà uno dei più luminosi ingegni femminili del ‘700. Il resto di niente, ricercato, attento e accurato film in costume, meriterebbe d’esser visto da studenti e insegnanti, per le emozioni e lo spessore di una storia che ci restituisce un secolo – quello dei lumi - ben meglio di ridicoli programmi di facile consumo televisivo.