Sabato 
			scorso ho partecipato alla grande manifestazione pacifista di 
			Washington, C'era la sensazione che i due uragani, Katrina e Rita 
			che colpiva la costa proprio in quel momento, avessero ridotto in 
			parte il senso nazionale di un'energia crescente contro la guerra. 
			Tutti erano d'accordo che da una parte la catastrofe di New Orleans 
			aveva svelato il fallimento della politica Bush, ma dall'altra aveva 
			distratto i media dall'onda crescente di rifiuto della guerra in 
			Iraq. Si parlava di 100-150mila (200-300mila non credo davvero), ma 
			senza Katrina sarebbero stati il doppio.
			Sul Metro (che a Washington è ancora nuovo e mantenuto bene, si ha 
			quasi la sensazione di viaggiare "con stile") c’era una bella 
			combinazione di impiegati che andavano al lavoro (nonostante fosse 
			sabato), turisti, e gente mista che andava alla manifestazione. Io 
			stavo schiacciato nel mezzo di un gruppo di 14-15enni di famiglie 
			perbene, tutti vestiti "alla peacenik anni 60" cioè magliette 
			bianche con le firme degli amici e brevi scritte di solidarietà. 
		 I 
			turisti che affollano sempre il centro di Washington sembravano o 
			stranieri oppure americani dagli stati centrali, per i quali venire 
			a Washington è un'insolita esperienza urbana e quindi rischiosa. 
			Sabato sembravano provocati, intimiditi però stimolati dalla 
			presenza di tutti i manifestanti pericolosi di cui avevano tanto 
			sentito parlare nei loro paesi, nelle chiese, e alla televisione. Si 
			sentiva sulle labbra dei più pettoruti l'impulso di dire la solita 
			frase, "Ma voi avete il diritto di protestare solo grazie a noi che 
			abbiamo sacrificato i soldati in guerre lontane!", ma sono riusciti 
			a frenarsi.
			La folla riempiva tutto "The Ellipse", il grande parco fra la Casa 
			Bianca e l'obelisco del Washington Monument. Atmosfera rilassata 
			allegra, seduti per terra gruppetti di radicali organizzati che già 
			s'incoraggiavano usando altoparlanti a pila gracchianti, anche 
			quando erano solo in dieci. Una cosa notevole però della folla era 
			che c'era tante gente non affiliata con nessuna 
			organizzazione sindacale o partitica, moltissimi cartelli scritti a 
			mano, relativamente pochi che sfilavano dietro bandieroni 
			d'associazione, cioè molte famiglie, sia giovani che non c'erano 
			all'epoca del Vietnam, sia molte facce di "pacifisti-da-sempre" che 
			conoscevano le lotte contro "la guerra" (del Vietnam) e per i 
			diritti civili, e sembravano molto felici di vedere la forza di 
			questa nuova generazione. C'erano sì cartelli immensi con le scritte 
			volgari (“Bush is a motherfucker”), qualche bandiera rossa, 
			ma l'effetto più forte veniva dalle migliaia di cartelli piccoli che 
			esprimevano pensieri individuali. 
		 Sfilava 
			fra la gente un lunghissimo filo bianco con attaccati dei fogli 
			fotocopiati con le foto di tutti i soldati morti, la corda passava 
			di mano in mano, non ho visto né l'inizio né la fine. C'era anche un 
			piccolo cimitero con croci rosse, una per ogni soldato morto. La 
			cosa importante, già notata altrove, è che in contrasto con le 
			proteste contro la guerra del Vietnam, questa volta la gente sta 
			dalla parte dei poveri soldati, percepiti come vittime del regime 
			spietato di Bush-Cheney-Wolfowitz. L'effetto negativo è che può 
			sembrare che per il popolo contino meno le vittime irachene, 
			però questa politica a favore dei poveri soldati rappresenta una 
			lezione imparata dal movimento contro la guerra del Vietnam ed evita 
			che il regime Bush ci dichiari anti-americani. Il 
			bello di Cindy Sheehan è che rifiuta di porsi come leader di un 
			partito.
			Ad un certo punto, mentre ancora continuavano gli interventi dal 
			palco, la massa ha cominciato a muoversi in direzione della 15esima 
			Strada e Constitution Avenue, dove sarebbe iniziato il corteo. Poi 
			la folla ha cominciato a sfilare in direzione della Casa Bianca. 
			Poche filastrocche organizzate in coro. Ho passato un gruppo di 
			cinque uomini al lato del marciapiede che alzavano cartelli contro 
			la manifestazione. Erano per lo più circondati da gente che gli 
			urlava, faceva il verso, cercava di organizzare canti in coro di 
			"Vergogna! Vergogna!", ecc. Sono riuscito ad avvicinare uno che 
			teneva un cartello con lo scritto “Osama bin Laden vi ringrazia”, 
			cercavo di spiegargli che Bush è stato il migliore amico di Osama e 
			che la guerra in Iraq aveva prodotto migliaia di nuovi terroristi. 
			Prima il tipo si è rifiutato di rispondermi. La sua espressione si è 
			ammorbidita un po' quando ha capito che non volevo insultarlo e che 
			lo prendevo sul serio, però dato tutto il chiasso attorno non era il 
			momento per una discussione. Poi la folla mi ha tirato verso la Casa 
			Bianca. 
		 Abbiamo 
			visto un gruppo di ragazzi della Repubblica Dominicana (la 
			manifestazione era in gran parte bianca, ho visto un solo gruppo 
			organizzato di una chiesa nera locale, e ovviamente facce di tanti 
			colori erano sparse fra la folla). Quasi davanti alla Casa Bianca 
			c'era il gruppo di clown che si chiamano "Miliardari per Bush" si 
			vestono in lunghi abiti eleganti e smoking e cantano in coro 
			filastrocche parodiando la politica dei super-ricchi.
			Passata la Casa Bianca una prima volta, il corteo ha fatto un lungo 
			giro del Lafayette Park. Ad un certo punto mi sono trovato fra un 
			gruppo di No-Global che forse erano a Washington per contestare la 
			riunione del Fondo Monetario Internazionale, che si teneva in quei 
			giorni. Erano ben più organizzati e più militanti degli altri, in 
			gran parte vestiti di nero, alcuni con i passamontagna alla Black 
			Block, enormi cartelli fatti artisticamente e una specie di carro 
			rotante con tanti tamburi sopra che faceva un fortissimo ritmo. Lì 
			al centro di quel gruppo si stava proprio bene, sembravano più 
			arrabbiati e feroci della manifestazione attorno, si battevano le 
			mani, si saltava, c'era un'atmosfera un po' estatica e una 
			sensazione di gente disposta a fare il prossimo passo. 
		
				Thomas Simpson 
			
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