L’ecologia nell’anarchismo iberico

L’anarchismo iberico ha, almeno nella vulgata militante, il suo principale punto di forza nell’attuazione pratica della critica allo Stato attraverso l’esperienza delle collettività comuniste libertarie del periodo della guerra civile. Questo volume (Eduard Masjuan, La ecología humana en el anarquismo ibérico. Urbanismo “organico” o ecológico, neo malthusianismo y naturismo social, prologo de Joan Martinez Alier, Barcelona, Icaria Antrazyt, 2000, pp. 504) invece si ripropone di indagare le idee degli anarchici in merito ai problemi demografici e a quelli dell’uso del territorio. Anche alla luce dell’attuale dibattito ecologista la ricerca rappresenta un inedito ed interessante supporto di documentazione storica incentrato sugli aspetti del neomalthusianismo e dell’urbanismo organico. Una prima conclusione dello studio è che su ambedue le questioni gli anarchici hanno profuso idee di grande rilevanza rispetto ai successivi sviluppi di mentalità ed alle acquisizioni scientifiche degli ultimi due secoli. Questo nonostante il perdurante silenzio delle culture dominanti o di quelle che hanno fatto man bassa, certo reinterpretandole, di quelle istanze. In seconda battuta si può constatare come, nella pratica, le idee di urbanismo ecologico siano state sonoramente sconfitte, ma che, al contrario, i principi di limitazione delle nascite, di autodeterminazione della donna si siano fatti strada. Manca la certezza che il neomalthusianismo anarchico militante abbia influito praticamente nella transizione demografica. In ogni caso sarebbe assurdo considerare quest’ultimo fenomeno come una sorta di meccanismo avulso dall’ambiente socioculturale circostante. Da questo punto di vista si deve sottolineare la dimensione internazionale del movimento e, insieme, la sua specificità iberica, anzi catalana. Il libro non si occupa soltanto di riferire sulla diffusione delle pratiche di limitazione delle nascite in quell’ambito, bensì analizza idee e mentalità che si formano in loco con il contributo di quelle venute da fuori. Una società ‘aperta’ e pervasa da fermenti e inquietudini, da forti tensioni ideali e da una grande sensibilità sociale verso il nuovo, è capace sia di adottare contraccettivi d’importazione sia d’inventarne di nuovi.
Allo stesso modo nascono in Barcellona il cosiddetto urbanismo organico e le proposte di Città Giardino scollegate dalle metropoli. Ciò per far fronte a ciò che Patrick Geddes ha chiamato conurbazioni e che, cinquant’anni dopo a Los Angeles, William Whyte definirà urban sprawl, qui tradotto in mancha de aceite. Al contrario, quello che si era ‘inventato’ nella capitale catalana era l’urbanismo illimitato con la cuadrícula de Cerdá. Ma già nel 1897 le aggregazioni forzate dei municipi minori del circondario barcellonese avevano trovato una ferma opposizione da parte dei gruppi anarchici. Ebbene l’autore individua una coerente ed omogenea linea di rifiuto a quel progetto, un filone teorico robusto che potrà essere considerato definitivamente sconfitto soltanto nel 1937, ossia in concomitanza delle note tragiche vicende politiche che si consumano nello scenario cittadino. All’accusa infamante di “borghesi” rivolta a suo tempo da Francesc Roca, la replica è che, piuttosto, le connotazioni del progetto libertario, de-centralizzatore ed ecologico, sono rivoluzionarie mentre è la sinistra marxista a confermare la sua vocazione per l’urbanismo illimitato. Nella Mosca degli anni Trenta si verifica la sconfitta strepitosa delle velleitarie proposte di ‘disurbanizzazione’, ridicolizzate da Le Corbusier, affossate da Stalin. Il disprezzo della natura da parte dei ceti dirigenti industriali, seguaci dello sviluppo senza regole e senza ostacoli, le esortazioni a crescere e a moltiplicarsi delle autorità ecclesiastiche fanno del neomalthusianismo come dell’urbanismo organico due autentici movimenti di resistenza contro chi teorizza, e pratica, la selvaggia violazione dei limiti per fini propri. Così l’anarchismo iberico è stato un movimento sociale anticipatore della sensibilità naturalista, di un ecologismo inteso non come lusso per i ricchi ma come necessità per l’umanità. Correnti politiche opposte fra di loro hanno condiviso l’adesione di massima, salvo piccole divergenze, alla troika modernizzatrice del XX secolo: Ford - Taylor - Le Corbusier, ciò disprezzando ogni preoccupazione per la salvaguardia per l’ambiente e le fondate critiche del neomalthusianismo popolare. Queste forze sociali egemoniche con le loro idee di dominio sulla natura e di un urbanismo industriale espansivo hanno messo la mordacchia alla dissidenza. A Barcellona, capitale anarchica, dopo la repressione stalinista del 1937, dopo quarant’anni di franchismo e oltre venti anni di transizione politica le idee libertarie su questi temi così pregnanti (ecologia e trasformazione sociale) sembrano riprendere quota nel milieu scientifico. Nella prospettiva storica qui analizzata, le classi popolari si dimostrano capaci di elaborare proprie strategie in modo originale ed autonomo dai governi e dai poteri economici.

 Giorgio Sacchetti