MILITARISMO BOLSCEVICO (Quotidiano Umanità Nova, 29.10.1921)

di Camillo Berneri

 "Ed un'altra rivista viene offerta alla delegazione inglese: la rivista della classe operaia di Mosca. La sfilata comprende oltre 60 mila persone: precedono 20 mila operai delle fabbriche armati di fucile - forse i fucili sono troppo nuovi e sembrano appena tolti dai magazzini - senza cartuccere (...) Ecco la dittatura armata del proletariato - mi dice un bolscevico. Ma io non ignoro che nello scorso anno tutti gli abitanti della città, compresi gli operai, sono stati disarmati con un decreto minaccioso che rendeva responsabile non solo il capo di famiglia ma anche il possidente della casa per ogni arma che non fosse stata consegnata. E con un analogo decreto si è tentato di disarmare i contadini".

"Dato che le impressioni del Magrini possono essere sospette, credo interessante fare una rapida scorsa nel campo bolscevico. 

Nei meetings che seguirono il colpo di stato d’ottobre, Lenin e Trotskij insistettero nella loro campagna antimilitarista, dichiarando che popolo russo, oltre che a rinunciare alla guerra, rinunciava all'esercito regolare (Lenin, 2.11.1917: Discussioni dell'Isola di Galerny). Trotskij, nel gennaio 1918, in un suo rapporto (dice): 

«Invece di un esercito regolare che, nella sua base, è sempre reazionario ed imbevuto di spirito militaristico, creiamo l'esercito volontario rosso, provvisorio e composto di compagni coscienti. Questo esercito è di un tipo che si avvicina alla milizia popolare, ma è una milizia più perfetta, più salda e cosciente. 

In tutte le loro riunioni e congressi i bolscevichi confermavano queste affermazioni dei loro capi, e queste affermazioni giungevano al fronte, precipitando lo sfacelo dell'esercito. Mentre l'esercito regolare si dissolveva, veniva creandosi l'esercito rosso volontario. 

Ma nel mese di giugno 1918 al volontariato veniva sostituita la mobilitazione, che reclutava gli operai e i contadini poveri. Nel mese di luglio fu introdotto il sistema della mobilitazione generale, che comprendeva tutte le classi e faceva entrare nelle file dell'Esercito dei Soviet molti ufficiali del vecchio regime e molti medici. Diversi generali furono assunti in servizio, e fu loro affidato il comando. La mobilitazione incontrò grandi difficoltà, e si giunse ad usare la fucilazione per forzare i renitenti a arruolarsi (vedi: Izvestia di Penza, 15-18 ottobre; di Orel, 16 ottobre; di Tambov, 18 ottobre, ecc.). Le esplosioni di malcontento si fecero più frequenti, assumendo proporzioni notevoli, come avvenne nell'ammutinamento di reclute a Bielgorod, che mise in pericolo il comando supremo, e fu domato a stento con la proclamazione dello stato d'assedio (Comune del Nord n.66, 6 aprile 1919). 

In molti altri luoghi scoppiarono delle rivolte, dovute, quasi tutte, alla eccessiva severità della disciplina imposta dei comandanti, quasi tutti ufficiali dell'antico regime. Anche nei corsi di comando, creati per formare ufficiali per l'esercito rosso, su parecchie centinaia di allievi del primo corso, non v’erano che 6 comunisti (Rapporto sui corsi per ufficiali, pubblicato dalla Comune del Nord, n.87, 1919). In data 2 marzo 1919, l’Isvestia di Mosca pubblicava:

"Un esercito simile è inevitabilmente imbevuto di tendenze militarista, la cui necessità per le guardie rosse è riconosciuta anche dai bolscevichi. 

Lo spirito del nostro esercito dev’essere tale, che una guardia rossa non tema alcun ostacolo. Deve poter attraversare a nuoto i fiumi anche se il tempo è cattivo, valicare - come Suvorov - le catene dei monti, compiendo miracoli". 

E Trostkij? Ecco cosa ci riporta Berneri. Il bolscevico dichiara nel febbraio del 1919: 

 

"Sì, il programma social-democratico di una volta aveva richiesto la creazione di una milizia popolare basata su un insegnamento civico estraneo al militarismo, ed incompatibile con le caserme. 

Nell'ora attuale, l'idea di una milizia popolare non ha più senso; noi, partito di classe, partito proletario, non possiamo ammettere la milizia popolare universale.  

Tutto ci conduce allo stabilimento di uno stato di classe proletario e di un esercito di classe. 

Ma, effettivamente, lo sviluppo del nostro esercito si trova in contraddizione con le esigenze che ora sono state formulate. Abbiamo cercato di realizzare il nostro programma per mezzo del reclutamento di volontari, per via di propaganda e di agitazione. Ma non poteva riuscire una cosa seria. Creare un esercito volontario è una cosa impossibile; fummo costretti a creare un esercito regolare. L'abbiamo creato; sì, riconosciamo che il nostro esercito non corrisponde nostri principi, ma non avevamo altra via da seguire, per conservare il potere nelle nostre mani. 

Per rendere questo esercito atto a combattere, atto a vincere, abbiamo dovuto rinunziare pure a diverse tesi che costituiscono i principi dell'esercito volontario. Così abbiamo annullato il nostro antico principio di elezione del comandante supremo, che non aveva più alcuna importanza per noi. E così via. Abbiamo fiducia di poter tornare, in avvenire, ai nostri principi". 

 

E non è tutto; leggiamo fino alla fine: 

 

"Ma le tendenze militariste di Trostkij crebbero a tal punto che, in un suo discorso nel maggio dello stesso anno, egli giunse a dichiarare: 

«Noi abbiamo tentato di realizzare il nostro programma reclutando un’armata di volontari e facendo della propaganda e dell'agitazione. Ma è risultato che questa era una bestialità e noi ci siamo visti nella necessità di creare una armata regolare. Sì. Noi riconosciamo che la nostra armata non corrisponde ai nostri principi, ma non c'era dinnanzi a noi alcun'altra via per conservare il potere! Bisogna impiegare il ferro rosso. Bisogna creare una vera armata, regolarmente organizzata, con una disciplina interiore solida e personale. Bisogna rispettare il pensiero militare e la scienza militare. Bisogna penetrarsi della coscienza militare...» 

Queste tendenze militariste, spiccatamente autoritarie ed accentratrici, hanno dato alla Russia, invece di un esercito volontario, organizzato sul tipo della milizia popolare, un esercito eterogeneo, inquinato dalle tradizioni dell'antico regime e spinto dalle sue condizioni di privilegio ad assumere un carattere parassitario, specie per quanto riguarda l'ufficialità. Le manifestazioni dell'esercito russo e dei suoi capi supremi rivelano una infatuazione militarista che va oltre le necessità della difesa. L'esercito russo è, per il governo bolscevico, la forza e l'autorità. Oltre che la difesa della rivoluzione è la difesa del proprio regime. La storia è là a dimostrare quanto sia facile agli organismi di difesa diventare organismi di oppressione quando essi perdano, nella loro struttura, quel carattere di necessità e di libertà che costituisce la loro ragion d'essere".

 

In URSS, l’esercito rosso aveva accesso privilegiato a derrate alimentari e combustibile, mentre gli operai facevano letteralmente la fame: questo venne chiamato eufemisticamente “comunismo di guerra”.