Sulla storiografia bakuniniana
di M. Roberti

Il pensiero e l'azione di Bakunin appartengono al patrimonio storico del movimento operaio e socialista e specificatamente al suo filone rivoluzionario e libertario, di cui B. è stato fondatore e teorico di eccezionale valore. Chiunque abbia a cuore un minimo di obiettività storica non può non concordare con noi su questo elementare giudizio, anche se tale giudizio non implica ovviamente una ricostruzione acriticamente apologetica. Esso riguarda, al contrario, il modo minimale per difendere obiettivamente la sua azione e il suo pensiero, dallo snaturamento più inaudito compiuto quasi sistematicamente dalla critica storica e ideologica di varia estrazione, con la conseguenza di rendere pressoché incomprensibile, se non agli "iniziati", la figura e l'opera sua.
L'aver stravolto il suo modo originario e la sua espressione storica autentica, ha comportato nella critica una serie continua di contraddizioni senza possibilità di armonia e di omogeneizzazione. I "critici" sono in completo disaccordo tra loro, dopo aver fatto di Bakunin una "caricatura storica" che, in questo modo, credono di aver relegato definitivamente nel campo della curiosità e dell'aneddotica sociale. Questa "caricatura" si basa su una "ricostruzione storica" fondata a sua volta su alcuni dati completamente falsi e su altri manomessi ed alterati in modo decisivo.
Vediamo alcune delle storture più grossolane, per evidenziare il grado di mistificazione storica compiuto nei confronti di B.
Innanzitutto B. è stato presentato come bugiardo e codardo, in modo tale da rendere definitivamente compromessa la sua figura morale di rivoluzionario. Questo giudizio si basa sulla famosa "confessione" scritta in carcere da Bakunin e diretta allo Zar dove egli rinnega completamente il suo passato di rivoluzionario. I bolscevichi, che hanno scoperto questo manoscritto negli archivi di stato, sono stati molto lesti (e contenti) a rendere pubblica tale confessione (1), ma non altrettanto di pubblicare un manoscritto, diretto alla sorella Tatania, in cui Bakunin "pianificava" già la sua liberazione, con l'intenzione di scrivere tale confessione al solo scopo di farsi liberare (2).
Esiste poi la "versione" di Bakunin panslavista fornitaci dai marxisti a cominciare da Marx ed Engels e che ora finalmente è stata resa nella sua giusta dimensione: l'abbandono del panslavismo democratico e rivoluzionario deve essere collocato già prima dei 1865 (3). È importante far notare che in questa giusta dimensione il "panslavismo" diventa nell'azione e negli intendimenti di Bakunin, uno strumento al servizio della rivoluzione. Concezione indubbiamente errata che Bakunin in seguito abbandonerà, ma che ci permette di cogliere le vere intenzioni che l'animavano (4).
Inoltre, tutta una "letteratura" è fiorita sul "personaggio" Bakunin capo "carismatico e tenebroso" dell'Alleanza della democrazia socialista, e sul rapporto che questi ha avuto con il nichilista Neclaviev. A questo proposito farebbe testo il famoso e famigerato "Catechismo del rivoluzionario (1830)" dove sono enunciati i principi nichilisti e populisti e dove soprattutto, secondo i critici, Bakunin avrebbe espresso la sua vera dottrina. Ora nessuna prova storica, nessun documento, nessuna ragione o supposizione è in grado di avvalorare tale giudizio, che rimane pertanto patrimonio esclusivo dell'ignoranza storica e testimonianza decisiva del grado di serietà scientifica che contraddistingue tale storiografia (5). Esiste un "Catechismo del rivoluzionario" composto da Bakunin tra il 1864 e il 1866, parte integrante di un documento sulla "Fratellanza rivoluzionaria", in cui Bakunin anticipa il suo pensiero sulla formazione delle classi e sulla divisione del lavoro (6). Pensiero che poi svilupperà completamente negli straordinari articoli sul lavoro manuale e sul lavoro intellettuale scritti per il giornale "l'Egalité" (7).
Chiunque può confrontare i due "Catechismi" e verificare facilmente come il primo, scritto sicuramente da Neciaiev, sia una brutta copia del secondo. Con questo non si vuol dire che il "Catechismo" scritto da Bakunin sia un documento anarchico, perché è viziato da una impostazione "autoritaria" che sorregge la sua parte organizzativa e appartiene piuttosto alla tradizione "babeufista" tramandata da Filippo Buonarroti (impostazione, peraltro, di cui Bakunin non si libererà mai completamente).
È interessante notare che in questo documento è già smentita clamorosamente la critica che Engels crederà di fare sull'approccio bakuniniano al problema dell'"eredità". Infatti tutta la critica marxista, da Engels in poi, ha accreditato a Bakunin una concezione sul rapporto "struttura-sovrastruttura" che non gli appartiene.
Bakunin sarebbe stato convinto che "le leggi sull'eredità sono una causa e non l'effetto dei rapporti di produzione capitalistici" e pertanto avrebbe in questo modo capovolto i canoni elementari della scienza marxista. Ma questo è completamente falso perché Bakunin sia nel documento del '66, sia nel discorso da lui pronunciato a Basilea nel '69 sviluppa una concezione rivelatasi storicamente esatta, per la quale "struttura" e "sovrastruttura" sono, a seconda dei casi, determinanti e influenzabili a vicenda (8). Ed è proprio in base a questa impostazione che Bakunin potè sviluppare tutta la sua teoria sullo Stato quale struttura "autonoma", capace cioè di riprodursi anche in società nelle quali i "rapporti di produzione capitalistici" non esistono più. Chi avesse ragione, tra Bakunin ed Engels, è facile verificarlo: con un viaggio nei sedicenti paesi "socialisti" chiunque potrà constatare la "scomparsa dello Stato".

M. Roberti

(1) V. Polonskij, "M. Bakunin, storia dell'Intelligencija russa", ed. di Stato, 1925 Mosca.
(2) Scriveva Bakunin in tale manoscritto "... Quella di poter ricominciare ciò che mi ha condotto qui (...) ma non ho mutato niente dei miei antichi sentimenti... al contrario li ha resi più ardenti e assoluti che mai". Vedi M. Bakunin, "Confession", tradui du russe par P. Brupbacher, avec une introducion de F. Brupbacher et des annotations de M. Nettlau, Paris, Rieder, 1932 (si può trovare alla biblioteca Feltrinelli di Milano). È inutile aggiungere che la dimostrazione pratica degli intendimenti di Bakunin, consiste nei suoi 15 anni di militanza rivoluzionaria seguiti e alla fuga dalla Siberia.
(3) Vedi a questo proposito F. Venturi, "Il populismo russo" secondo volume, ed. Einaudi, 1972, Torino.
(4) Vedi sempre F. Venturi op. cit. Vedi anche W. Giusti "Il panslavismo" Ist. di Politica Int.
(5) Qui l'ultima parola, una volta per tutte l'ha detta M. Confino "Bakunin et Necaev. Les début de la rupture", articolo che assieme ad altri materiali si trova in "M. Bakunin et ses relations avec S. Necaev.1870-1872. Ecrits et materiaux". Introductions et annotations de A. Lehning, in "Archivies Bakunin", Istituto Internazionale di Amsterdam, vol. IV, Leiden, 1871. Bakunin infatti scrive a Necaev (2 luglio 1870) "... il vostro catechismo... e le vostre idee...". M. Nettlau ottant'anni fa aveva già detto che il catechismo non poteva essere di Bakunin, perché troppo diverso dal suo stile e dal suo linguaggio (Nettlau era un filologo) oltre che dal suo pensiero. Ma allora molti banditi ci risero sopra, non adesso però che è stata ritrovata la lettera e le prove. Per Nettlau vedi il primo volume delle "Oeuvres" di Bakunin ed. Stock, Paris 1912, pag. XI.
(6) Si trova interamente in "Stato e Anarchia" Ed. Feltrinelli, Milano, 1968, pag. 311. Sebbene sia datato febbraio-marzo 1868, esso è da ritenersi scritto prima del 1866. Vedi a questo proposito la lettera di Bakunin a Herzen datata 19 luglio 1866. Si trova in "Lettres à Herzen et à Ogareff (1860-1874) a cura di Dragomanov, Paris, Perrin, 1896. Per una ricostruzione di questo periodo vedi M. Nettlau, Bakunin e l'Internazionale in Italia, ed. Il Risveglio, Ginevra, 1928, pag. 55 e segg. (In questo documento ci sono in embrione tutte le idee base di Bakunin, questo oltretutto smentisce la tesi centrale del libro di A. Romano). Vedi il punto "i" di tale documento.
(7) Si trovano in "Stato e Anarchia" op. cit., pag. 267 e segg.
(8) Nel documento del '66 sopracitato è scritto "Ma, secondo una legge inerente alla società, l'inuguaglianza di fatto produce sempre l'inuguaglianza di diritto e l'inuguaglianza sociale diventa necessariamente inuguaglianza politica". Vedi "Stato e Anarchia" op. cit., pag. 322. Per il discorso di Basilea vedi T. Martello "La storia dell'Internazionale", ed. Salmin, Padova, 1873, pag.104.