Il giorno 3 settembre 2005, il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, ha pubblicato un articolo molto aggressivo nei confronti degli oppositori del presidente George W. Bush, reo secondo loro di pesanti responsabilità in quella catastrofe. L'articolo è leggibile a questo indirizzo http://www.ilfoglio.it/articolo.php?idoggetto=24330 . Quella che segue è la mia risposta.

 

GIULIANO, oh Giuliano. È vero che in Italia esiste un sentimento antistatunitense - legittimo a mio avviso, visto il caso del Cermis e di Calipari-Sgrena. È vero che ci sono persone che fanno di ogni evento la buona scusa per compiere la propria azione politica. È vero: ma per contro non è vero che Bush sia colpevole proprio di _tutto_ il male che c'è, né mi sembra che ci siano (così) tanti somari capaci di simili affermazioni, senza avere dati alla mano.

IN POLITICA INTERNA, secondo i dati del 2002 forniti dall'Ufficio del Censimento americano, le famiglie più ricche, che rappresentano il 20% della popolazione, ricevono il 50% del reddito nazionale, mentre quelle più povere, che costituiscono il 25% degli americani, godono solo del 3.5% di tale reddito. Con l'attivazione del cosiddetto "Patriot Act", i diritti e la libertà dei cittadini sono stati limitati, per cui la stessa Costituzione sembra in pericolo; a questo si aggiunge il fatto che la maggioranza dei proventi generati dalle tasse (85% secondo "True Majority", un'organizzazione di cittadini attivisti) sono usati per la Difesa, a spese dell'Istruzione, dell'Assistenza Medico-Sociale e della ricerca di fonti di energia alternativa, che sarebbe essenziale per ridurre la dipendenza dai Paesi produttori di petrolio, cosa questa particolarmente importante per gli Stati Uniti in quanto essi consumano il 45% del fabbisogno mondiale della benzina (dati riportati dal "Sole 24 ore" del 4 Agosto 2004).

IN CAMPO ESTERO il Presidente è sicuramente colpevole di aver negata la firma del protocollo di Kyoto, è colpevole di aver negato l'accordo diretto per vietare l'uso di mine terrestri, è colpevole di aver interrotto il trattato ABM, motivato dal desiderio di creare il molto discutibile scudo antimissili. Il Presidente ha indebolito l'autorità delle Nazioni Unite e del Tribunale Internazionale (che non ha giurisdizione sui cittadini americani), e ha frammentata la Nato inimicando la Francia e la Germania, perché avevano osato di rifiutare la partecipazione nella guerra contro l'Iraq - per la quale il Presidente ha diffuse false informazioni, e durante la quale nessuno aveva pensato a un piano per il dopoguerra in quel Paese, con i bei risultati che tutti sappiamo.

Nel 1996 il governo americano, spinto dalle richieste della Compagnia Chiquita (che insieme a Dole e Monsanto controlla i due terzi del commercio delle banane) sporse querela contro gli Stati europei presso la World Trade Organization, perché l'Unione Europea, che aveva un patto commerciale con il gruppo ACP (Paesi dell'Africa, Caraibi e Pacifico), che dava ai produttori di banane di questi Paesi un accesso preferenziale al mercato europeo. Dato che l'UE non rispose nel modo richiesto dagli americani, gli USA, nel 1999, imposero tariffe doganali sui prodotti importati dall'Europa. Con la scadenza del trattato tra UE e ACP nel 2000, la disputa ebbe fine.

Nel marzo 2002 il presidente Bush ordinò l'imposizione di tariffe doganali (fino al 30%) sull'importazione dell'acciaio per proteggere le acciaierie americane. Tale tariffa sarebbe dovuta rimanere in vigore fino all'aprile del 2005. Tuttavia nel novembre 2003 la WTO decretó che tali tariffe erano in violazione dei regolamenti ed autorizzó un'azione retaliatoria da parte dell'Europa, Asia ed America latina. L'UE richiese circa 2,2 miliardi di dollari in compenso. Nel dicembre 2003 il governo americano rimosse le tariffe doganali.

Al momento attuale si sta sviluppando una disputa riguardante i medicinali. Questi sono carissimi negli USA sia perché costano molto all'origine, sia perché le Farmacie, secondo dati riportati dal "Wall Street Journal", possono fare profitti fino al 2000%; come conseguenza molti pazienti comprano medicine specialmente dal vicino Canada, dove i prezzi sono molto piú bassi. Le compagnie farmaceutiche americane hanno controbattuto spargendo false voci che i medicinali venduti da farmacie non americane non sono degni di affidamento e boicottando le farmacie canadesi con la restrizione della fornitura di medicinali. Per rincarare la dose, l'acquisto di farmaci da paesi stranieri da parte di privati è attualmente proibito ai cittadini americani.

Gli scritti contro il Presidente George W. Bush sono numerosi anche limitando la conta a quelli prodotti negli Stati Uniti stessi, e anzi sembra che quasi ogni giorno ne appaia uno nuovo; contrariamente a quanto è avvenuto nel passato, quando quasi invariabilmente la critica di un Presidente era fatta da scrittori appartenenti al Partito dell'opposizione, un certo numero di libri contro questo Presidente è stato scritto da membri del Partito Repubblicano, alcuni dei quali in posizioni preminenti a livello governativo; citerò come esempio il libro di Richard Clarke, ex capo delle operazioni antiterrorismo ("Against All Enemies: Inside America's war on Terror"), quello di Paul O'Neill, ex Ministro del Tesoro ("The Price of Loyalty: George W. Bush, the White House and the Education of Paul o'Neill"), quello di Kevin Phillips, ex strategista del Partito Repubblicano ("American Dinasty: Aristocracy, Fortune and the Politics of Deceit in the House of Bush") e quello di John W. Dean, ex avvocato della Casa Bianca al tempo di Nixon ("Worse than Watergate: The Secret Presidency of George W. Bush"). Tra i libri non scritti da personalità politiche, notevole è quello del premiato giornalista investigativo Craig Unger ("House of Bush, House of Saud: The Secret Relationship Between the World's Two Most Powerful Dynasties": Saud è la famiglia Saudita) e sono interessanti altre opere in chiave più leggiera, come il libro del critico politico satirico Al Franken ("Lies and The Lying Liars who Tell them") o quello del regista cinematografico e critico politico Michael Moore ("Dude, where's my Country?") che ha anche diretto un documentario che sta avendo grande successo negli Stati Uniti ed intorno al mondo chiamato "Fahrenheit 9/11".

Ora: o siamo tutti un branco di pazzi, o forse il Presidente qualche colpa ce l'ha. Nel caso in ispecie, se qualcuno sostiene il rischio climatico e il Presidente fa politicamente 'orecchio da mercante', è chiaro che alla fine egli sia indicato tra i responsabili della catastrofe. Se il bilancio dell'Unione è ritoccato pesantemente per sostenere la guerra in Irak, con il bel corollario di cui ho già scritto, e poi dinanzi a un evento naturale come un uragano la macchina dei soccorsi fatica a svolgere il proprio compito, è chiaro che alla fine egli sia indicato tra i responsabili della catastrofe. Se la disparità sociale assume cifre così impressionanti, quando la situazione precipita è chiaro che alla fine egli sia indicato tra i responsabili della catastrofe: ma la vera catastrofe, in realtà, non è (tanto) l'uragano.

Stefano Stronati