QUALE SCUOLA?
 
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LA PEDAGOGIA ANTIAUTORITARIA
DI LEV TOLSTOJ NELLA SCUOLA DI JASNAJA POLJANA
 
 

CENNI STORICI
 

Tralasciando le anticipazioni di Rousseau, Pestalozzi e Froebel, generalmente la nascita dell’educazione attiva si fa risalire alle teorie di Reddie, di Lietz e di Demolins .
 

Bisogna però notare che le loro iniziative, oltre che essere posteriori all’apertura di Jasnaja Poljana, presentano ancora un’istituzione chiusa dove l’educazione e pensata come staccata dal contesto sociale.
 

“Ho condotto una scuola dal 1849” scrive Tolstoj nell’articolo”Progetto di un piano comune delle scuole popolari”aggiungendo che la scuola non aveva carattere legale e si svolgeva in ambito privato.
 

Le lezioni nella scuola di Jasnaja Poljana iniziarono nell’autunno del 1859.
 

Questo primo esperimento condotto in un’ala della sua casa lo appassionarono molto e decise di allargarne l’esperimento.
 

Dal 2 luglio 1860 al 11 aprile 1861 Tolstoj soggiornò all’estero al fine di osservare le scuole popolari in Francia ,Germania, Svizzera ,Inghilterra e Belgio.
 

Il 16 maggio 1861 ottenne il permesso di pubblicare la rivista “Jasnaja Poljana” e presentò la domanda per l’apertura della scuola di Jasnaja Poljana che prima aveva un carattere privato.
 

Il 23 giugno Tolstoj ottenne la nomina di “intermediario di pace” , compito che prevedeva anche la creazione di scuole per i contadini.
 

La sua attività, la sua metodologia e il suo metodo di selezione degli insegnati lo costrinsero a presentare le dimissioni di “intermediario di pace” nel 2 febbraio 1862 a causa del crescente controllo da parte della polizia e della chiara opposizione del ceto nobiliare (la situazione degenerò fino facendo scattare una perquisizione della sua abitazione il 6 e 7 luglio).
 

Nel dicembre del 1862 la rivista “Jasnaja Poljana” chiude le sua pubblicazione segnando l’allontanamento temporaneo di Tolstoj dall’attività di educatore.
 

“L’unico metodo d’istruzione è l’esperimento e l’unico criterio pedagogico la libertà” “Dovunque il popolo forma la parte principale della propria istruzione non nella scuola , ma nella vita”.(frasi tratte dai suoi diari durante il viaggio all’estero)

 

PROFILO TEORICO
 

Le sue intuizioni sull’educazione coercitiva segnano la sua superiorità sul piano pedagogico e didattico rispetto ai noti descolarizzatori come Illich, Goodman ,Reimere e in una certa misura anche di Freire.
 

Spiegò in modo chiaro la contraddizione di un apparente volontà di istruire le masse che è in realtà un progetto per colonizzarle.
 

Tolstoj intuì che l’istruzione non sempre migliora chi ha studiato ma anzi spesso lo rende meno capace di interpretare la realtà.
 

L’educazione non è formazione ma condizionamento a regole che verranno rispettate per paura o per fiducia nell’autorità, allo stesso modo la cultura non è traduzione dell’esperienza in qualità personali , ma estraniazione dal proprio ambiente cattura col miraggio di un mondo preteso migliore o superiore al nostro ma in verità puramente imposto.
 

L’istituzione scolastica non potrà mai migliorare né l’autonomia ne tanto meno le qualità umane dato che è fata per mercificarla e asservirla.
 

La cultura dei padroni non potrà mai rendere liberi ne tanto meno coscienti le masse da loro strumentalizzate perché è comunque espressione di valori e condizione di vita diametralmente opposti a quella del proletariato.
 

Interiorizzare o fare propria questa cultura significherebbe rendersi ancora schiavi , non possedere i mezzi per capire una cultura propria a cui si rinuncia per seguire una mentalità analoga a quella del nemico di classe rischiando in ultima analisi di diventare suo complice nella conservazione del sistema di sfruttamento.
 

C’è in Tostoj la consapevolezza che la cultura “colta” deve limitarsi a fornire gli strumenti tecnici per consentire a quella “povera” di esprimersi.

 

PROFILO PRATICO
 

Lo studio teorico-pratico di Tolstoj riveste quello dello scienziato autentico formulando ipotesi che poi nei fatti velica l’eventuale conferma o smentita.
 

Basti pensare che non si limitò a studiare i processi di diffusione della cultura nei paesi più progrediti del suo tempo, non si limita di certo alle scuole e alle discussine con i maggiori pedagogisti della sua epoca ma ricerca nella vita quotidiana la forza della cosiddetta educazione indiretta (osserva cioè la cultura e i suoi canali di comunicazione e formazione spontanea nella vita di ogni giorno tra i proletari del suo tempo ).
 

Riconosce che a educare sono gli scambi umani, le occasioni d’apprendimento immediatamente insite nella circolazione delle idee e nei prodotti spontanei della dimensione collettiva .
 

Nella scuola Tolstojana si possono già notare degli elementi di una scuola senza classi a pianta aperta ( o con l’apertura dei locali destinati alle aule) con l’insegnamento e l’attività di ricerca e di preparazione ad esso connessa discussa in gruppo.
 

Sono del tutto assenti le figure dei principianti, non ci sono classi o gruppi fissi per età e livello di preparazione, ma solo due suddivisioni di massima e gruppi flessibili che si formano e si sciolgono in funzione dell’attività svolta.
 

Non ci sono programmi o lezioni prefissate , ma delle esperienze vissute in comune sollecitate dai maestri ma misurate correttamente in base a razioni e apporti degli alunni.
 

Non ci sono schemi didattici prescritti con la sola preoccupazione di renderli familiari a chi insegna, ma la continua stimolazione ad un lavoro di tipo culturale e la predisposizione di materiali e situazioni perché si possa compiere.
 

Non ci sono orari vincolanti ne viene data importanza all’ora di inizio o di fine della giornata scolastica ne rispetto alla sua articolazione in lezioni dedicate a specifiche discipline.
 

Una scuola dunque che descolarizzata cioè sottratta dalla logica dell’istituzione chiusa e predeterminata nei suoi obiettivi e nella sua metodologia di funzionamento.
 

Tolstoj vede la scuola anche come laboratorio per l’insegnante anticipando così un discorso che verrà riproposto da Dewey e la sua ricerca scolastica è volta a raggiungere un rapporto con gli alunni più alla pari possibile che possa valorizzare tutti i contributi provenienti sia da adulti che dai giovani alla vita comune.

 

“Sorgeranno scuole spontanee, che avranno come base la libertà delle generazioni di studenti.” (L.Tolstoj)