Senza limiti né confini
di Francesco Codello

da Rivista Anarchica on line

Così è la tensione anarchica verso la libertà. Ed è necessario che l'anarchismo...

 

In questi tragici giorni di fine settembre, tra gli orrori del terrorismo e quelli delle guerre, dobbiamo anche assistere alle farneticanti affermazioni del fondamentalismo islamico e alle più o meno manifeste dichiarazioni di presunte superiorità culturali e sociali di “autorevoli” occidentali.
In questo scenario di guerra senza armi che è l’imbecillità ideologica che accomuna uomini di potere occidentali e orientali, mi pare indispensabile cercare di ragionare e discutere capovolgendo la logica che domina queste affermazioni e queste visioni del mondo.
Innanzitutto occorre ribadire ancora una volta che ciò che accomuna tutte le società esistenti, che attraversa strutturalmente ogni realtà, è la comune organizzazione gerarchica dei rapporti umani.
Sia le forme teocratiche più sfacciate che le più democratiche di società, prevedono che le relazioni tra gli individui siano regolate da forme di potere e di dominio. Quindi, per un anarchico, pari sono nel generare una critica e una ribellione. Questo però dal punto di vista astratto e generale. Certamente tra la Norvegia e l’Iran, solo per fare due esempi, passa molta differenza dal punto di vista delle forme e degli spazi di libertà che all’interno della società esistono e si sviluppano.
Inoltre le condizioni di dominazione alla quale sono sottoposti gli individui nelle due diverse forme di società sono molto diversificate e soprattutto non sono equivalenti.
La peggior democrazia è comunque meglio della migliore teocrazia anche per un anarchico perché le conquiste storiche conseguite in termini di libertà e giustizia, qualità della vita e possibilità concrete di allargamento di queste, sono sicuramente migliori in una società democratica che in una teocratica.
Questo concetto è un presupposto indiscutibile per una concezione etico-pragmatica dell’anarchismo.
Ma penso sia necessario fare un altro passo in avanti, vale a dire uscire da alcuni errori concettuali che sono stati, ed in parte lo sono tuttora, propri di una visione messianico-rivoluzionaria di alcune forme nichiliste di ribellione sociale ed umana.
Nella realtà dei fatti questa prospettiva del “totalmente altro” si fonda sulla convinzione pessimistica e al contempo anche fondamentalista che i regimi autoritari e totalitari sono, dal punto di vista rivoluzionario, più evidenti nella loro brutalità e pertanto producono un contrasto più forte ed immediato nelle forme di ribellione. In sostanza si tratta del ripristino dello slogan del “tanto peggio, tanto meglio”.
Questa visione si accompagna ad una lettura dello sviluppo storico che tende a sottolineare come le conquiste in termini di libertà e giustizia che si producono nel corso dell’evoluzione della società non siano altro che aggiornamenti delle tecniche del Potere.
Da tutto ciò discende che la democrazia, quella storicamente definitasi nel corso della storia che parte dalla rivoluzione francese, non sarebbe altro che la forma più subdola e feroce del Potere.
Ecco quindi che ogni forma di attacco e di ribellione nei confronti delle società democratiche è comunque giustificato, capito, quando non apertamente sponsorizzato.
Credo invece che il diritto-dovere di critica e di rivolta contro ogni forma di dominio non possa fondarsi su questi presupposti ma piuttosto su una forte e chiara scelta etica, prima che su le altre scelte necessarie e conseguenti.
L’anarchismo che penso corretto e coerente con la sua tradizione e storia, ma al contempo anche capace di affrontare le nuove sfide del XXI secolo, si nutre soprattutto della convinzione che è solo una continua e incessante serie di discontinuità, rispetto all’esistente, che l’uomo può migliorare la propria esistenza e quella dei suoi simili. La storia è soprattutto storia di lotte ed esperienze di solidarietà e reciprocità e pertanto lo sviluppo non è che sviluppo di libertà, mai definitivo, mai completo, ma sempre necessariamente perfettibile, altrimenti di sviluppo non si tratta. Le cosiddette libertà “borghesi” (quelle storicamente determinatesi) sono frutto di incessanti e continue lotte di uomini e donne e sono comunque state strappate al dominio e agli Stati, e sono pertanto irrinunciabili conquiste dalle quali partire per costruire forme più evolute di società. Inoltre occorre ricordare che gli esempi e le forme di alternative praticabili fin da subito esistono già nelle molteplici espressioni di micro-società che come “seme sotto la neve” covano tra le maglie autoritarie della società.
Rapporti libertari ed egualitari, certamente non assoluti (per fortuna!) ma parziali, esistono già, si sviluppano e crescono a dispetto delle forme più sofisticate e subdole di potere, nelle società che faticosamente, con prezzi grandissimi, hanno conquistato convivenze più evolute in termini di rispetto e di possibilità di sviluppo delle libertà individuali. Lo stesso non si può dire nelle società totalitarie dell’occidente (fascismo, nazismo, comunismo) e in quelle teocratiche e fondamentaliste dell’oriente.
I concetti di occidente e oriente non possono essere quindi utilizzati per una corretta analisi libertaria, perché non svelano in modo chiaro quali siano il grado di gerarchia e di dominio presente nelle diverse società; è attorno al concetto di potere e gerarchia, come ineluttabili forme di organizzazione dei rapporti umani, che si deve fondare una critica radicale.
Chiarito questo si può procedere però a specificare alcune altre cose.


Un anarchismo moderno
 

Innanzitutto ritengo opportuno e necessario muovere una critica decisa al relativismo etico che sfocia nell’indifferenza asettica della ragione e della passione.
Se è vero, e certamente lo è, che non esistono punti di vista e culture che possano arrogarsi il diritto di prevalere sulle altre, così come non sono accettabili forme più o meno svelate di “verità”, è altrettanto vero che una radicale relatività senza alcun giudizio etico e morale sfocia nell’indifferenza e quindi nell’oggettiva accettazione dell’esistente. L’anarchismo può essere pluralista, non relativista. In altre parole dobbiamo, dal mio punto di vista, accettare e anzi sostenere molteplici forme di espressione e di organizzazione che contemplino forme diverse e approssimazioni variegate di libertà dentro un contesto che preveda però dei punti fermi: la libertà individuale che si realizza attraverso la medesima libertà degli altri. Ciò significa che noi non possiamo permetterci l’indifferenza etica e morale del “tutto è relativo quindi tutto è legittimo”, pena la scomparsa della nostra stessa ragione di esistere come etica della libertà.
Il pluralismo si limita a negare, come giustamente osserva Isaiah Berlin, che esista un’unica morale autentica, o un’unica estetica e ammette valori alternativi ugualmente oggettivi. L’anarchismo quindi non può che concretizzarsi attraverso un atto di libera volontà e mai attraverso un’imposizione, in sostanza esso è il risultato di una opzione individuale e autonoma. Pertanto è solo attraverso di questa che gli individui possono edificare una società diversa, così come possono, e la storia lo dimostra purtroppo, costruire anche mostruosità sociali come quelle del fondamentalismo religioso o dell’alienazione culturale ed economica. Allora è possibile respingere una cultura perché la si ritiene moralmente ripugnante a patto però di comprendere come e perché la stessa cultura risulti accettabile ad un’altra società umanamente riconoscibile.
Questo riconoscimento non significa però né indifferenza etica, né rinuncia alla professione e alla testimonianza della propria diversità, e al contempo riconosce la necessità della contaminazione culturale come indispensabile progresso verso forme più evolute e ampie di libertà.
Un moderno anarchismo ha necessità, e in questi giorni di tragedie umane in modo particolare, di trovare conferme continue nell’esistente varietà e pluralità di forme diverse di risposte spontanee e alternative che crescono tra le strette maglie della società del dominio e dell’oppressione in tutte le latitudini. La nostra scelta di campo è accanto agli esclusi e a coloro che praticano forme di resistenza e di auto-organizzazione che rispondono in modo libertario all’invadente marea del potere comunque mascherato.
Nessuna paura dunque del compromesso quotidiano cui necessariamente siamo costretti se saremo fermi nel difendere e valorizzare le conquiste di questi secoli di storia passati, e al contempo decisi e determinati ad ampliarle senza fine, tracciando sistematicamente limiti e confini oltre i quali la nostra etica e la nostra proposta rischia di essere rinnegata e vilipesa irrimediabilmente.
L’anarchismo così come lo abbiamo conosciuto finora è soprattutto il parto della cultura dell’illuminismo europeo, niente vieta che possa ricomparire in altre storie e tradizioni lontane e diverse dalla nostra. Anzi ciò è auspicabile e conferma l’assunto principe della nostra idea: la tensione verso la libertà non può avere limiti e confini perché essa è nella natura stessa dell’esistenza umana.

Francesco Codello